New York. Il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, John McCain, è riuscito improvvisamente a tornare sulle prime pagine dei giornali, da settimane occupate dalla sfida infinita delle primarie democratiche tra Hillary Clinton e Barack Obama. McCain è tornato a fare notizia con il tema liberal per eccellenza, la sanità, cercando di mostrare agli elettori il suo profilo meno conosciuto, quello di politica interna.
In America il sistema sanitario è privato e, in teoria, a carico dei datori di lavoro, ma la metà dei costi – in totale sono il 16 per cento del pil, duemila miliardi di dollari – sono forniti dal settore pubblico che garantisce la copertura a poveri e bambini (Medicaid, Schip), pensionati e disabili (Medicare), militari, reduci e impiegati federali e statali e fornisce agevolazioni fiscali alle aziende che pagano l’assicurazione ai dipendenti.
Il risultato è un sistema gigantesco che produce eccellenza, innovazione e il miglior servizio del mondo, ma anche circa 46 milioni di persone senza assicurazione. L’health care americano, inoltre, è una macchina di sprechi, perché i conti sanitari non sono a carico né del paziente né delle strutture sanitarie, ma di soggetti esterni al sistema – le assicurazioni o lo stato – che spesso si trovano a pagare cure, esami, farmaci prescritti in quantità superiore al necessario.
Tutti i presidenti hanno provato ad affrontare la questione, ma nessuno ha mai sinceramente pensato di passare a un sistema sanitario nazionale come in Europa o in Canada. L’idea di McCain, simile a quella che George W. Bush non è riuscito nemmeno a far discutere al Congresso, è di deregolamentare l’industria delle assicurazioni sanitarie, di facilitare ai cittadini l’acquisto di polizze attraverso deduzioni fiscali, di abbattere i costi delle polizze grazie alla maggiore concorrenza. La sua proposta è specularmente opposta a quella dei democratici. Il candidato repubblicano vuole passare a un sistema che garantisca ai cittadini la libertà di scegliersi la propria copertura sanitaria, mentre Obama e Hillary, con piccole differenze, vogliono rafforzare con l’intervento dello stato l’attuale sistema di copertura sanitaria fornita dai datori di lavoro, aumentando regole e imposizioni federali all’industria delle assicurazioni.
Oggi, secondo i dati dell’ultimo censimento, il 15,8 per cento degli americani (46 milioni di persone) non è assicurato, un terzo perché non si può permettere una polizza, un terzo per scelta e un terzo perché non si è iscritto a nessuno dei programmi federali gratuiti (i non assicurati ricevono comunque l’assistenza urgente nei pronto soccorso degli ospedali privati, il cui costo ovviamente incide sui conti dei pazienti assicurati e, di conseguenza, sui premi assicurativi di tutti gli altri americani). Molti americani hanno più di un tipo di copertura: il 27 per cento, circa 40 milioni, riceve assistenza sanitaria dallo stato, mentre il 67,9 per cento ha un’assicurazione privata o fornita dal datore di lavoro (59,7 per cento) o acquistata privatamente (9,1). Il paradosso è che la legge consente alle aziende di dedurre il costo delle assicurazioni fornite ai dipendenti, ma non agli individui.

2.500 dollari a testa, aiuti ai soggetti a rischio
McCain vuole aumentare il numero di americani che acquistano da sé la propria assicurazione, anche per evitare uno dei grandi problemi che affligge il sistema: oggi chi cambia o perde il lavoro perde anche l’assicurazione fornitagli dalla propria azienda e non è sempre detto che il nuovo impiego offra una copertura migliore. Con il sistema McCain, tutti gli americani riceveranno 2.500 dollari di credito fiscale (5.000 le famiglie) con cui poter comprare la propria polizza e mantenerla a prescindere dalla società per cui lavorano. I democratici sostengono che la cifra è irrisoria, visto che il costo medio delle assicurazioni sanitarie fornite dalle aziende è di 12 mila dollari annui. Gli esperti di McCain sostengono che la completa liberalizzazione, gli incentivi fiscali e la possibilità di acquistare piani sanitari anche fuori dallo stato di residenza (oggi è vietato) renderanno le polizze assicurative più competitive e a buon mercato.
I piani universali (o semi) di Obama e Hillary costeranno circa 110 miliardi di dollari l’anno, da pagare con l’aumento delle tasse, con i tagli agli sprechi e nel breve anche con la riduzione dell’impegno in Iraq. Il piano McCain, ha detto il suo consigliere Douglas Holtz-Eakin, costerà 10 miliardi di dollari per aiutare chi ha esigenze mediche complicate che oggi, molto spesso, le compagnie assicurative rifiutano di coprire.