L’eccezionale corsa di Barack Obama verso la Casa Bianca deve fare i conti non soltanto con gli avversari, prima i Clinton e poi il repubblicano John McCain, ma anche con la demografia e la storia recente della politica americana. C’è chi dice che l’America sia pronta ad eleggere un presidente nero, altri sostengono il contrario. I primi pensano che un candidato dai tratti postrazziali come Obama possa finalmente chiudere la ferita inflitta dalla segregazione. Ma gli altri, senza per questo adoperare la carta razzista, forniscono a sostegno della propria tesi numeri inoppugnabili: in America gli afroamericani sono soltanto il 13,8 per cento della popolazione, circa 40 milioni. Gli ispanici sono quattro milioni in più, il 14,8 per cento, e nemmeno loro hanno mai visto un latino alla Casa Bianca. Stessa cosa gli italoamericani (sei per cento) e gli ebrei (il due). I cattolici sono il 24 per cento, ma hanno avuto un solo presidente: John Fitzgerald Kennedy. I presidenti americani fin qui sono sempre stati maschi, bianchi e protestanti.
Non solo non c’è mai stato un presidente nero, ma dai tempi della Guerra civile a oggi sono stati soltanto tre i senatori afroamericani eletti popolarmente. Nella storia americana i senatori neri sono stati cinque ma i primi due, entrambi repubblicani, risalgono alla seconda metà dell’Ottocento quando i rappresentanti degli stati venivano scelti dalle assemblee legislative dei singoli stati. Nell’epoca moderna il primo nero eletto al Senato è stato Edward W. Brooke, repubblicano del Massachusetts (1967-1979), poi la democratica Carol Moseley-Braun (1993-1999) eletta nello stesso stato, l’Illinois, che nel 2004 ha votato Obama contro il repubblicano nero Alan Keyes. Gli ispanici non sono molti di più: cinque, tre dei quali in carica. Cinque, in tutta la storia del Senato, anche gli americani di origine asiatica, quattro dei quali delle Hawaii. Soltanto tre gli indiani americani, nessuno dei quali oggi è in carica.
Alla Camera è diverso: i rappresentanti afroamericani sono molti di più, non soltanto perché i deputati sono 435 contro i cento senatori, ma soprattutto perché non sono eletti su base statale, ma in circoscrizioni piccole, molte delle quali corrispondenti a zone o quartieri a stragrande maggioranza afroamericana. Da quando è stata abolita la schiavitù sono stati eletti (più volte) 116 deputati neri, 41 dei quali sono attualmente in carica. Dal 1971 gli afroamericani hanno un loro gruppo organizzativo, il Congressional Black Caucus, in teoria bipartisan, in pratica soltanto democratico. Oggi il majority whip della Camera, cioè il capogruppo e numero tre del Partito democratico, è l’afroamericano James Clyburn della Carolina del sud. I governatori, come i senatori, sono eletti in un collegio unico statale e i numeri tornano di nuovo a una cifra: nella storia americana sono stati quattro i governatori neri, due dei quali sono in carica. Il primo è il prototipo obamiano Deval Patrick in Massachusetts, l’altro è il neogovernatore di New York, David Paterson, subentrato a Eliot Spitzer dopo lo scandalo di qualche mese fa.
Obama non è il primo politico afroamericano a candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti. Quest’anno, fra i repubblicani, c’era Alan Keyes, il conservatore sociale che Obama aveva ampiamente battuto quattro anni fa alle elezioni senatoriali dell’Illinois. Nel 2004, inoltre, alle primarie democratiche c’erano due candidati neri alla presidenza, l’ex senatrice Carol Moseley Braun, eletta come Obama in Illinois, e il reverendo newyorchese Al Sharpton. Nessuno dei due aveva alcuna speranza di vincere la nomination. L’unico che ha sfiorato la vittoria è stato, nel 1988, il reverendo Jesse Jackson. Anche lui di Chicago, vera capitale politica degli afroamericani, in quell’occasione Jackson ha conquistato sette milioni di voti ed è arrivato primo o secondo in 46 delle 54 primarie o caucus. Ma Jackson, al contrario di Obama, era un candidato troppo radicale ed è stato sconfitto da Mike Dukakis.
Obama non è affatto spacciato, anche se i sondaggi indicano che a novembre Hillary Clinton avrebbe più chance di battere John McCain. Il senatore dell’Illinois è un candidato diverso dai suoi più divisivi predecessori e col suo messaggio di speranza e unità è capace di emozionare e mobilitare bianchi e neri. Inoltre oggi è quasi normale vedere un nero ai vertici della politica americana e il paradosso è che la strada gli è stata spianata dai Bush. Nel 1991 Bush senior nominò Clarence Thomas alla Corte suprema (il secondo nero dopo Thurgood Marshall, scelto da Lyndon Johnson) e Colin Powell a capo dell’esercito ai tempi della prima guerra in Iraq. Infine è stato l’attuale Bush a nominare Powell alla guida della diplomazia e Condi Rice prima consigliere per la Sicurezza nazionale e poi segretario di stato.
Christian Rocca
30 Maggio 2008