Che farà, ora, Romano Prodi? Di certo c’è che, al contrario del suo collega tedesco Gerard Schroeder, il nostro ex Presidente del Consiglio non s’è fatto comprare da Vladimir Putin. Giù il cappello, al contrario dell’ex cancelliere tedesco che il cappello, invece, se l’è messo in mano.
Il leader del Cremlino gli aveva fatto una proposta indecente, la stessa accettata un paio d’anni fa da Schroeder, di presiedere per conto di Putin e della Gazprom la South Stream, la società che gestisce il gasdotto che collegherà la Russia all’Italia, i cui contratti sono stati firmati proprio quando Prodi era a Palazzo Chigi. Prodi ha detto niet.
C’è chi dice che l’ex premier, messa la parola fine alla politica attiva in Italia, aspiri a un alto carico internazionale, magari alle Nazioni Unite, probabilmente su temi africani. Un’ipotesi alternativa che non sarebbe male importare in Italia è quella praticata negli Stati Uniti. Il 20 gennaio 2009, a mezzogiorno, anche George W. Bush lascerà la politica, a causa del limite costituzionale di due mandati che vige in America. Come tutti i suoi predecessori, Bush si prenderà un po’ di vacanza e poi comincerà a occuparsi della sua Library, che nel suo caso sorgerà dentro il campus della Southern Methodist University di Dallas, in Texas (i lavori cominceranno nel 2009 e costeranno tra i 200 e i 500 milioni di dollari, raccolti privatamente).
La biblioteca è un museo e un luogo dei memorabilia presidenziali (imperdibili quella di John Kennedy a Boston e quella di Ronald Reagan in California, dove c’è anche la replica dell’Air Force One). Ma le librerie ospitano anche il centro studi dell’ex presidente, ovvero lo strumento di azione politica con cui chi fino a pochi mesi o anni prima è stato il leader del mondo libero continua a battersi per le cause che gli stanno più a cuore. Con il Carter Center, Jimmy Carter si occupa, a suo modo e con risultati non proprio esaltanti, di pace nel mondo, mentre Bill Clinton presiede la Clinton Global Initiative, una fondazione che prova a fornire soluzioni innovative alle sfide del mondo moderno. La Library di Bush a Dallas ospiterà il Freedom Institute, un nuovo centro studi dedicato alla promozione della democrazia e destinato a tenere viva la fiaccola della “freedom agenda” bushiana. Al progetto lavorano i grandi cervelli del giro bushiano, a cominciare dall’architetto delle sue vittorie elettorali Karl Rove.
Prodi potrebbe provare a fare la stessa cosa, trovare i finanziamenti e utilizzare la sua fitta rete di rapporti internazionali per fondare un grande centro di studi federalisti europei. Sarebbe un grande lascito al paese, ma dovrà sbrigarsi se vorrà essere il primo: Silvio Berlusconi, infatti, ha già annunciato per settembre la nascita della sua personale Università della libertà.
Christian Rocca
31 Maggio 2008