Camillo di Christian RoccaObama, il candidato Facebook

It’s the network, stupid. Ma anche Internet. E soprattutto i soldi. Sono questi tre elementi, intimamente legati, a spiegare lo straordinario successo di Barack Obama, il senatore afroamericano a un passo dalla nomination presidenziale del Partito democratico. La storia della campagna di Obama è molto simile a quella di una start-up della Silicon Valley – raccontano una lunga inchiesta dell’Atlantic Monthly e vari articoli ed editoriali sul New York Times, sul Chicago Tribune e su The Politico. C’è l’idea (il candidato), c’è la tecnologia (Internet), ci sono gli azionisti (i militanti). Obama è riuscito a sconfiggere la formidabile macchina organizzativa dei Clinton, la migliore mai vista nella storia del Partito democratico, quella che ha raccolto più soldi e coagulato il più affidabile gruppo di cervelli e strateghi. Ma Obama si è messo alla guida di una macchina politico-elettorale di nuova generazione, relegando l’apparato clintoniano al ruolo di reperto archeologico.
L’Atlantic spiega così l’evoluzione impressa da Obama al delicato processo di raccolta fondi della politica americana: nel 2000 Al Gore partecipava a riunioni con 20 finanziatori che, alla fine, gli firmavano assegni a sei cifre. Quattro anni dopo, con le nuove regole McCain-Feingold che limitivano a duemila dollari il contributo individuale, John Kerry partecipava a eventi con duemila persone che, alla fine, versavano alla sua campagna assegni a quattro cifre. Oggi Obama raduna ventimila o più persone in uno stadio, settanticinquemila in Oregon. Nessuno paga, ma quando i partecipanti rientrano a casa, si collegano a Internet e contribuiscono online con pochi dollari, impegnandosi anche ad aiutare localmente la campagna.
Il risultato è clamoroso: Obama ha raccolto 268 milioni di dollari, la gran parte attraverso Internet. Hillary Clinton ne ha raccolti 241, mai nessuno aveva fatto quanto lei. John McCain 90. Non solo Obama ha raccolto più soldi, ma a differenza dei suoi avversari può contare su oltre un milione e mezzo di piccoli donatori che avendo contribuito con poche decine o centinaia di dollari potranno continuare a versare fino al raggiungimento del tetto di 2.300 dollari. Hillary è stata costretta a prestare circa 11 milioni di tasca sua (e di Bill) alla sua campagna, a cercare nuovi contribuenti e nonostante ciò ha dieci milioni di dollari di debiti. Per le presidenziali, McCain pare intenzionato ad accettare i finanziamenti federali, circa 85 milioni di dollari, rinunciando a raccoglierne di ulteriori, anche perché pensa di non poter fare di meglio. Obama, ha scritto Joshua Green sull’Atlantic, invece fa pensare a “Zio Paperone che si tuffa gioiosamente sulla sua montagna di soldi”.
Un milione e mezzo di piccoli contributi è un evento mai visto, al punto che la Commissione di controllo dei finanziamenti, la Fec, ha dovuto cambiare il software per leggere i dati forniti dagli obamiani, perché l’Excel 2003 a sua disposizione non era in grado di aprire file con più di 65.536 caselle o 256 colonne. Soltanto a marzo, Obama ha raccolto 55 milioni, quasi due milioni al giorno, 45 dei quali online. Per fare un paragone, il fenomenale uso di Internet di Howard Dean nel 2003 aveva portato soltanto 27 milioni di dollari. Ad aprile Obama ha incassato quasi 32 milioni e ha aggiunto 200 mila nuovi finanziatori. Il 93 per cento dei contributi è inferiore ai 100 dollari.
I soldi sono serviti a costruire l’organizzazione territoriale, decisiva nei caucus iniziali, ma soprattutto a chiudere la partita con Hillary nella seconda parte della campagna, quando dopo il supertuesday di marzo la Clinton è rimasta senza un dollaro e Obama ha vinto undici stati consecutivi grazie a un intervento massiccio di spot televisivi.
Il fenomeno si spiega con la biografia, il messaggio e il sogno offerti da Obama, ma anche con una sua mossa geniale: aver affidato la strategia online a uno dei cofondatori di Facebook, il sito di social networking che insieme con MySpace in questi anni ha dominato la rete. Chris Hughes ha costruito il sito internet di Obama in modo rivoluzionario rispetto anche ai più sofisticati prodotti degli altri candidati presidenziali: accanto al più tradizionale sito di informazione sul candidato, con le sue proposte eccetera, è nato My.BarackObama.com.
Obama è diventato un candidato Facebook, ha scritto Andrew Sullivan, il collante di un nuovo social network politico che consente a milioni di persone di connettersi e scambiarsi informazioni con lo stesso spirito alla base del successo di Facebook e MySpace. L’idea è che la gente si fidi più degli amici che dei giornalisti, degli esperti o di altre autorità distanti che non conosce. Grazie a MyBarackObama.com ciascun seguace di Obama può creare una propria comunità tematica o locale, organizzare eventi, telefonare agli elettori indecisi del proprio rione o paese, grazie ai numeri che il quartier generale della campagna è lieto di fornire. Poi ci sono i blog, le suonerie con Obama che parla di sanità per tutti e, soprattutto, un’applicazione che non solo consente facilmente di fare le donazioni e di sottoscrivere piani di versamenti mensili, ma che rende divertente, quasi un gioco, coinvolgere gli amici nella raccolta fondi per Obama. “C’è una tendenza a controllare in modo stretto le campagne elettorali – ha detto il manager di Obama David Plouffe – noi abbiamo accettato il rischio di aprirci perché siamo convinti che il contatto personale sia importante”. L’idea è di fornire ai militanti gli strumenti per diffondere le idee di Obama e per raccogliere soldi, ma che poi se la sbrighino loro. In questo modo Obama si è anche creato un esercito di 750 mila militanti attivi, ottomila gruppi tematici, oltre 30 mila eventi e quartier generali in ogni stato a costo zero per la sua campagna.
    Christian Rocca

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