Una vecchia regola giornalistica dice che se un cane morde l’uomo non è una notizia. Viceversa si titola in prima pagina. Quel fenomeno moderno che su queste colonne è stato più volte chiamato “giornalista collettivo” ieri ha deciso di fare il contrario. E’ successo questo: una commissione del Senato americano, a guida democratica, ha pubblicato tra le proteste dei repubblicani due rapporti sulle motivazioni adottate dall’Amministrazione Bush per giustificare la guerra in Iraq. Malgrado ai tempi fossero tutti convinti che Saddam era un mascalzone dotato di armi di sterminio, nel corso degli anni sembra che fosse soltanto George W. Bush ad averci creduto, anzi ad aver fabbricato le false prove per la sua guerra imperialista.
Due giorni fa la commissione ha pubblicato questi due rapporti, contestati dai repubblicani perché considerati faziosi e pieni di incongruenze. I titoli delle agenzie e dei giornali americani, ieri, dicevano più o meno che il Senato aveva smascherato Bush, perché sapeva che Saddam non aveva legami con al Qaida. I due rapporti, in effetti, dicono questo, anche se non si capisce bene per quale motivo abbiano deciso di ignorare i documenti che dicevano il contrario e le prove sequestrate a Baghdad dopo la caduta del regime. Ci sarebbe molto da dire su questo punto, ma contro i pregiudizi antibushiani risulta più agevole svuotare il mare con un cucchiaino. Epperò se questa è una notizia, che cosa dire delle altre informazioni contenute nella medesima inchiesta del Senato?
Dopo aver analizzato i discorsi pre intervento in Iraq di Bush e della sua Amministrazione, i due rapporti del Senato hanno infatti concluso senza alcun dubbio che sulle armi di distruzione di massa di Saddam, sia chimiche sia batteriologiche, ma anche sui programmi nucleari iracheni, non c’è stata alcuna menzogna da parte della Casa Bianca, ma che tutte le dichiarazioni ufficiali sono state conformi (“were substantiated”) alle informazioni in possesso della comunità di intelligence. Al massimo, dicono i due rapporti, in alcuni casi i bushiani hanno scelto di dare poco peso ai pareri discordi talvolta contenuti nelle relazioni della Cia.
Fenomenale, poi, come il Senato ha affrontato il cosiddetto Nigergate, la storia del falso dossier “italiano” sull’uranio nigerino che secondo la Repubblica è servito a Bush per giustificare la guerra in Iraq. I due rapporti non ne fanno nemmeno cenno, a conferma che si trattava di una barzelletta. Le famose 16 parole di Bush nel discorso sullo Stato dell’Unione – “il governo britannico ha saputo che Saddam Hussein recentemente ha tentato di procurarsi una notevole quantità di uranio dall’Africa” – facevano riferimento a un rapporto inglese, non alla bufala italiana. E, ribadiscono i democratici americani, anche quelle parole “were substantiated”.
7 Giugno 2008