Lunedì aveva parlato John McCain, ieri è toccato al neonominato Barack Obama salire sul palco dell’Aipac, la principale lobby proisraeliana d’America, per dire che cosa farà in medio oriente se il 4 novembre gli americani lo eleggeranno alla Casa Bianca. Obama sa di avere problemi con l’elettorato ebraico, scettico riguardo alla sua idea di voler incontrare il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Ma anche dopo aver considerato il luogo dell’intervento, resta che pure il politico meno filoisraeliano d’America è più amico di Israele di chiunque altro al mondo. Obama, ieri, ha detto di “comprendere profondamente l’idea sionista” e ha spiegato che “il legame tra gli Stati Uniti e Israele è infrangibile oggi, domani e sempre”.
Il presidente Obama “non comprometterà mai la sicurezza di Israele”, anche perché “chi minaccia Israele minaccia l’America”, e si batterà ovunque, “all’Onu e altrove”, per “garantire a Israele il diritto di difesa”. Obama è andato oltre: “Fatemi essere chiaro: la sicurezza di Israele è sacrosanta. Non è negoziabile. I palestinesi hanno bisogno di uno stato che sia contiguo e coeso e che consenta loro di prosperare, ma qualsiasi accordo con i palestinesi deve preservare l’identità di Israele come uno stato ebraico, con confini sicuri, riconosciuti e difendibili. E Gerusalemme rimarrà la capitale di Israele e deve rimanere indivisa”. Insomma, il liberal Obama pone pre-condizioni al processo di pace che non sono state poste nemmeno da Bill Clinton e dice di no, preventivamente, a tutte le richieste arabe su diritto al ritorno dei rifugiati e status di Gerusalemme.
Poi c’è l’Iran. Obama ha detto che gli ayatollah atomici sono una minaccia grave e seria, per tutti. E ha ripetuto, tre volte, questa frase: “Farò ogni cosa in mio potere per prevenire che l’Iran ottenga l’arma nucleare”. Si parte con la diplomazia muscolare, sempre accompagnata da sanzioni e minacce di ritorsioni, mai con il cappello in mano. La minaccia militare non è mai esclusa, perché “a volte non ci sono alternative”. Obama ha criticato Bush e McCain per la loro strategia in Iraq ed è rimasto vago sugli effetti proiraniani in caso di ritiro dall’Iraq. “Il mio obiettivo sarà quello di eliminare questa minaccia iraniana”, ha detto Obama ricordando che su questo punto non c’è alcuna differenza con McCain. Un po’ di differenza c’è con le cancellerie europee, a cui Bush aveva affidato il compito di risolvere la questione.
5 Giugno 2008