Camillo di Christian RoccaTutti gli uomini vicepresidente

New York. La prossima tappa della corsa verso la Casa Bianca sarà la scelta dei candidati vicepresidenti, anche se resta il dubbio che la decisione non sarà così decisiva. Nessuno, in America, vota per il vicepresidente, ma la scelta del compagno di battaglia aiuta a definire il profilo del candidato, a smussare alcune debolezze e talvolta anche a essere competitivo in stati altrimenti consegnati all’avversario. Barack Obama e John McCain hanno formato i due comitati per la selezione dei vicep, Obama con qualche difficoltà visto che il capo del suo team è stato costretto a dimettersi e ora anche il numero due è sotto attacco dei repubblicani.
Obama ha fatto capire che vuole un vicepresidente di cui si fida. Il criterio esclude Hillary Clinton e fa salire le quotazioni di tre candidati che, peraltro, possono garantire a Obama una copertura sui temi della sicurezza nazionale: il senatore della Virginia Jim Webb, reduce dal Vietnam, ex ministro di Ronald Reagan alla Marina militare, romanziere e saggista, è un candidato perfetto anche perché darebbe una mano a vincere la Virginia, uno degli stati accreditati a passare nella colonna del partito democratico. Webb, inoltre, è stato contrario alla guerra in Iraq, ma deve fare i conti con sue lontane dichiarazioni contrarie alle donne nell’esercito e di comprensione delle ragioni degli stati confederati del sud ai tempi della guerra civile. L’altro grande favorito è Sam Nunn, un gigante della sicurezza nazionale, ex senatore conservatore della Georgia (lo chiamavano “Dino, democratic in name only”) che garantirebbe peso specifico al ticket e la possibilità di rendere competitiva la repubblicana Georgia. All’ala liberal però Nunn non piace, perché ai tempi di Clinton si è battuto per impedire ai gay di entrare nell’esercito. Il senatore Joe Biden è il terzo, anche se è considerato troppo chiacchierone.
C’è anche Katheline Sebelius, governatrice moderata del Kansas, una scelta che potrebbe aiutare Obama a conquistare i voti delle donne clintoniane e convincere McCain a puntare sulla giovane governatrice dell’Alaska Sarah Palin. Si parla anche del governatore del New Mexico Bill Richardson, se Obama volesse recuperare sul fronte ispanico e provare a vincere nel sud ovest. Poi c’è l’ipotesi del governatore clintoniano della Pennsylvania, Ed Rendell, per non rischiare in uno stato dove oggi è in difficoltà.
Restano solide le ipotesi del sindaco di New York Mike Bloomberg e del rispettato generale James Jones. La cosa curiosa è che Jones è un grande amico di McCain, il quale ha già detto che lo vorrà nella sua Amministrazione, magari come consigliere per la sicurezza nazionale, ma anche Bloomberg è in cima alla short list. McCain è ancora indeciso se sottolineare il suo profilo di battitore libero, nel qual caso potrebbe offrire il posto a Bloomberg o al senatore democratico Joe Lieberman, oppure se recuperare con la destra conservatrice che ancora non lo ama.
In questo secondo caso le ipotesi sono varie: il bushiano Rob Portman, ex deputato del fondamentale Ohio ed esperto di questioni economiche; il giovane deputato della Virginia Eric Cantor; e l’iper conservatore governatore di origini indiane della Louisiana, Bobby Jindal. Nella lista ci sono anche il governatore del Minnesota Tim Pawlenty, l’ex avversario alle primarie Mitt Romney, il quale potrebbe contribuire finanziariamente alla campagna elettorale e aiutare a vincere in Michigan, suo stato natale, ma anche l’attuale governatore della Florida Charlie Crist, grande amico di McCain, spirito indipendente e popolarissimo nello stato che ha deciso la presidenza alle ultime due elezioni.

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