John McCain aveva stupito già l’altroieri, quando nelle pause della diretta televisiva dell’ultima giornata di convention democratica ha mandato in onda uno spot di congratulazioni a Barack Obama per la nomination ottenuta nello storico anniversario del discorso “I have a dream” di Martin Luther King. McCain, però, aveva bisogno di una mossa coraggiosa, dopo il trionfo politico e mediatico di Obama. In linea con la sua biografia militare, politica e personale, questa mossa l’ha fatta. Sarah Palin (pronuncia: Sera Pelin) sarà la sua vicepresidente, in caso di vittoria alle elezioni del 4 novembre.
Il profilo di Palin è in prima pagina, qui e su tutti gli altri giornali, ma i lettori di un piccolo quotidiano d’opinione hanno avuto modo di conoscerla con qualche anticipo e con tutti gli onori (leggi l’inserto I): la governatrice dell’Alaska ad aprile sapeva di aspettare un figlio malato, il quinto, e non ha pensato di abortirlo, nonostante secondo i consolidati luoghi comuni le avrebbe complicato la sua vita personale e politica. Nessuna complicazione.
McCain ha scelto Palin per lasciare di stucco, per confermare il suo status di “maverick”, di politico dallo spirito libero che compie scelte innovative, autonome e indipendenti e per ricordare a Obama e agli americani che in tema di riforma e cambiamento lui è da sempre in prima fila. Sarah “Barracuda” Palin però non fa politica in quanto donna, ma perché è tosta. E’ una femminista di nuovo tipo, una femminista 2.0 e pro life, orgogliosa di essere mamma e di governare uno stato, di essere leader e moglie devota, come se si fossero riuniti in un’unica persona il ruolo di aspirante presidente e di first lady. Palin porta al ticket repubblicano guidato da McCain la sua esperienza riformatrice e indipendente da governatrice di uno stato remoto, ma anche la freschezza e, da seconda donna mai candidata alla vicepresidenza, la storica novità di genere alla Casa Bianca. Palin ha strizzato l’occhio alle elettrici di Hillary, lodando la sua determinazione e assicurando che i 18 milioni di voti che la Clinton ha ottenuto alle primarie democratiche sono un successo straordinario che va portato a compimento “una volta per tutte”, ovviamente eleggendo lei alla vicepresidenza degli Stati Uniti. In Alaska, ha ricordato lei stessa, è già riuscita a mettere al loro posto non solo corruttori e politicanti, ma anche “il network di ragazzacci” che evidentemente credeva di potersi fare un boccone con Sarah “Barracuda”.
30 Agosto 2008