Camillo di Christian RoccaL'America che Sarah

St. Paul (Minnesota). La coraggiosa e azzardata decisione di John McCain di prendere come sua candidata vicepresidente la giovane e indipendente governatrice dell’Alaska, Sarah Palin, sembra aver momentaneamente cambiato la dinamica della campagna elettorale. Nelle prossime settimane si vedrà se conterà di più la sua freschezza riformatrice e bipartisan oppure il timore di vedere una ragazza inesperta a un battito di cuore dal comando delle forze armate. I democratici puntano sull’impreparazione di Palin, ma rischiano di fare il gioco di McCain e del suo argomento principe contro Obama. E, dopo le polemiche sulla sconfitta di Hillary, di mostrarsi ancora una volta sessisti nel giudicare politicamente una donna, perché se è vero che i democratici possono parlare di azzardo, è altrettanto vero che con McCain 72enne la scelta del vice non è ornamentale, ma mette per la prima volta una donna a un passo dalla Casa Bianca.
Gli americani non eleggono il loro presidente sulla base del vicepresidente, ma la scelta del numero due è la prima vera importante decisione di un candidato e, come tale, è considerata un test per il futuro. Sotto questo punto di vista, Palin ha già funzionato. A Washington qualche boss repubblicano è deluso, ma la base conservatrice, da sempre diffidente nei confronti di McCain, improvvisamente è entusiasta di questa donna combattiva e prolife, tosta, svelta e capace di parlare come una mamma di provincia. In poche ore, nelle casse di McCain che domani apre a St. Paul la sua convention, sono arrivati via Internet cinque milioni di dollari.
Obama ha fatto una scelta più sicura, chiamando accanto a sé un politico esperto come Joe Biden. Le scelte sicure si fanno quando si è in vantaggio (il Gallup di ieri lo dava avanti di otto punti), ma Biden diluisce il messaggio di novità e cambiamento. McCain, invece, ha fatto il contrario, perché nel suo caso la scelta convenzionale, Mitt Romney, sarebbe stata più rischiosa di quella coraggiosa, perché avrebbe consolidato l’immagine del candidato del partito del passato. La scelta di Palin, malgrado le sue incognite, conferma lo spirito indipendente di McCain, la sua immutata capacità di prendere posizioni anticonformiste, radicali e riformatrici e, in un colpo solo, ha rubato la scena al trionfo obamiano di Denver e si è riaccreditato del titolo di candidato del cambiamento.
Il team Obama è stato colto di sorpresa, ed è andato in confusione. Il portavoce ha subito comunicato via email che la scelta di un’ex sindachessa di un paesino di novemila abitanti è pericolosa per il paese (si è dimenticato di dire che Palin guida uno stato con un pil da 44 miliardi di dollari, come quello della Slovenia). Poche ore dopo, Obama si è congratulato personalmente con Palin e ha preso le distanze dal primo comunicato. Così anche Hillary. Ieri, infine, Obama ha diffuso uno spot che riconosce la novità di Palin, ma che non cambia la direzione verso cui McCain trascina l’America.

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