Camillo di Christian RoccaPasseggiate denveriane/2

La delegazione del Partito democratico italiano alla corte di Obama è piuttosto attiva in città, malgrado i cugini americani l’abbiano fatta scendere in un modesto alberghetto di periferia. Walter Veltroni è arrivato ieri pomeriggio, in tempo per correre al Pepsi Center ad ascoltare Hillary Clinton. Piero Fassino, impegnato in Parlamento sulla Georgia, arriverà solo domani, per il gran finale di Barack Obama. Francesco Rutelli, invece, è qui da domenica sera, accompagnato da Gianni Vernetti, Lapo Pistelli e dall’ex diessina Federica Mogherini. Grazie all’attivismo di Vernetti e ai suoi consolidati rapporti con i New Democrat clintoniani, Rutelli è quello che si dà più da fare. Ieri è andato a Boulder a visitare il principale centro di ricerca sulle scienze ambientali d’America. Oggi, sempre con Vernetti, parlerà di sicurezza internazionale e di strategie transatlantiche comuni tra democratici americani ed europei a un seminario pubblico organizzato dall’Alleanza dei Democratici, gruppo di cui non fanno parte gli ex diessini. Rutelli e Vernetti hanno incontrato anche Nancy Pelosi, Madeleine Albright e altri dirigenti democratici, tra cui il capogruppo Steny Hoyer, l’influente Rahm Emanuel, il sondaggista Stan Greenberg e, oggi, l’ex capo dello staff di Clinton John Podesta. Rutelliani ed ex clintoniani si scambiano idee sulla cooperazione transatlantica, sull’energia e sulle recenti manovre russe, ma gli americani non mancano mai di chiedere di Silvio Berlusconi. “Un’eventuale Amministrazione Obama – dice Vernetti mentre definisce i dettagli dell’incontro di domani con la squadra obamiana di politica estera, formata dagli ex clintoniani Greg Craig, Tony Lake e Susan Rice – ci chiederà più truppe in Afghanistan, rimozione dei caveat nei teatri di guerra, rilancio della Nato e impegno nella promozione della democrazia”.

Rispondendo a un giornalista russo che in sala stampa estera si era dilungato in una tirata contro i neocon, Greg Craig ha detto che la politica estera di Obama invece sarà pragmatica. Ma ha aggiunto che se la Russia dovesse riconoscere l’Ossezia del sud e l’Abkhazia le relazioni con l’America cambieranno. Poche ore dopo, il Cremlino ha riconosciuto l’indipendenza delle due regioni.

Umiliante il trattamento riservato a Jimmy Carter, uno dei due presidenti democratici degli ultimi 40 anni. Accolto dalla prima standing ovation della convention, è stato chiamato sul palco solo per salutare. Il team Obama ha preferito non dargli la parola.

Il tema di stasera è la politica estera e di sicurezza. Parleranno Bill Clinton e il candidato vicepresidente Joe Biden. (chr.ro)

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