Camillo di Christian Rocca"Yankee go home"

New York. “Yankee go home dalla Georgia” è il nuovo grido di battaglia non solo dei nostalgici dell’Unione Sovietica, ma anche dei professionisti dell’antiamericanismo moderno, sottile e radical chic. E’ stato Giulietto Chiesa a cominciare, poi sono arrivati Barbara Spinelli, Franco Venturini e infine l’immaginifico Vittorio Zucconi. Con un articolo di sabato sulla padronale Stampa, tovarich Chiesa ha acrobaticamente spiegato che l’invasione russa in territorio georgiano e i bombardamenti moscoviti sulla capitale Tbilisi sono tutta colpa degli americani. A ruota, domenica, Barbara Spinelli. Il suo articolo conteneva poco o niente sulle interferenze russe in Ossezia del sud, ma molto anzi moltissimo sulla “fame di controllo sul Caucaso” che “ha accomunato tre presidenze Usa”. La colpa della “follia di Putin”, anche per l’antiputiniana Spinelli è degli americani, da Bush padre a Bush figlio, passando per Bill Clinton. Putin è il male, gli yankee di più.
E’ una nuova e diffusa tendenza questa, che sostituisce l’antica e infame usanza di “accusare le vittime” delle miserabili azioni dei loro carnefici. Quella, tranquilli, resiste ancora solo se a far da bersaglio c’è Israele o qualche marine americano. In questo caso, infatti, prendersela con i georgiani non sarebbe stato cool, figuriamoci con i carriarmati russi o con le manovre putiniane per fomentare la ribellione antigeorgiana in Ossezia che poi ha convinto il governo di Tbilisi a intervenire per ristabilire l’ordine nel suo paese. No, molto più figo puntare il dito su Washington (“non poteva non sapere” è l’accusa più ricorrente e sempre valida sia per Bettino Craxi sia per la Casa Bianca).
L’idea predominante dei nostri editorialisti impegnati è che Putin sia pazzo, quindi in qualche modo giustificato per le sue azioni, che il presidente georgiano sia un burattino manovrato dalle multinazionali americane, che l’Europa sia imbelle e che gli americani, beh, che gli americani siano i soliti arroganti, stupidi e pericolosi imperialisti di sempre.
Franco Venturini, per esempio, sul Corriere di ieri, ha scritto che “il richiamo ai principi risulterebbe più efficace se l’occidente non avesse nell’armadio lo scheletro ancora fresco dell’indipendenza unilaterale del Kosovo”, paragonando l’ingerenza russa in Ossezia del sud e la successiva invasione armata con la storia di una provincia autonoma liberata dalla comunità occidentale in seguito a una guerra che ha fermato in tempo la pulizia etnica serba e che poi è stata amministrata per anni dalle Nazioni Unite e da governi democraticamente eletti.
A questo giro la colpa dell’occidente e dell’America è quella di voler aiutare Georgia e Ucraina a entrare nella Nato da nazioni libere, sovrane e democratiche, invece che a farsi fagocitare dalla Cremlin Petroleum.
Il nuovo, ma in realtà antico, trend opinionistico antiamericano si è elevato ad arte letteraria con Vittorio Zucconi, sulla Repubblica di ieri. Il grande Zuc. ha spiegato che “la dottrina neo-con dell’interventismo ora si ritorce contro la Casa Bianca” e che “il boomerang dell’interventismo unilaterale torna a chi lo aveva lanciato”. Cioè mette sullo stesso piano l’interventismo democratico del presidente liberal Bill Clinton e del leader socialista Tony Blair (e del gran capo di Red, Max D’Alema), poi ripreso dal presidente repubblicano George W. Bush grazie ai consulenti neoconservatori, con l’invasione in stile armata rossa di Mosca. A parte che l’interventismo americano non è stato unilaterale – né in Kosovo (dove c’era la Nato e perfino Max D’Alema) né in Iraq (dove c’erano 16 risoluzioni Onu, il consenso di tutta l’Europa tranne Francia e Germania, e il sostegno di una quarantina di paesi) –  il grande Zuc. è riuscito a fare di più: ovvero ad accreditare l’idea che il Cremlino voglia il cambio di regime in Georgia, in applicazione della dottrina del “cambio di regime” bushiano in Iraq. Non ci fossero stati i neocon e Clinton, secondo Zucconi, non ci sarebbe stata l’invasione russa della democratica Georgia. Certo. E, a questo punto, non può che essere colpa loro anche la scaramuccia con l’Ucraina e con i paesi baltici. Ma allora perché non addebitare ai malefici neocon anche la cancellazione della Cecenia e magari l’invasione dell’Afghanistan e i carriarmati in Polonia e la sottomissione della Cecoslovacchia e il cambio di regime in Ungheria?
Se Zucconi voleva proprio trovare un punto di contatto tra l’intervento russo in Ossezia e Saddam, il paragone giusto non era la liberazione dell’Iraq, ma l’invasione irachena del Kuwait.
    Christian Rocca

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