New York. Questa settimana potrebbe essere l’ultima del New York Sun, il quotidiano conservatore di New York nato sei anni fa a Chambers Street ed esplicitamente ispirato, come ha confermato il suo direttore ieri al New York Times, a un piccolo giornale d’opinione italiano. Seth Lip-sky, ex editorialista del Wall Street Journal e fondatore del settimanale di cultura ebraica The Forward, all’inizio di questo mese ha scritto una lunga lettera ai lettori, spiegando che il giornale cesserà le pubblicazioni se entro il trenta settembre non troverà finanziamenti adeguati. La crisi di Wall Street rende l’impresa molto più difficile e non sono certo sufficienti gli assegni da cento o duecento dollari che i lettori hanno cominciato a inviare in redazione.
Lipsky sta al telefono e prova ad ampliare il gruppo di finanziatori illuminati che in questi sei anni hanno creduto nell’impresa di fornire alla città un raffinato punto di vista conservatore al dibattito politico e culturale newyorchese. “Non ho raccolto tutto ciò di cui abbiamo bisogno – ha detto Lipsky al Times che elegantemente sta seguendo la vicenda del piccolo giornale concorrente – ma ho raccolto molti soldi”.
Nato dalle ceneri di un glorioso quotidiano socialista newyorchese, i cui editoriali contro la corruzione sindacale hanno ispirato la storia resa immortale dal film “Fronte del Porto”, il Sun di Lipsky è stato tenuto in piedi da Michael H. Steinhardt, grande amico del sindaco Michael Bloomberg ed ex capo del clintoniano Democratic Leadership Council, e da Roger Hertog e Bruce Kovner, ovvero dai due milionari newyorchesi che finanziano il Manhattan Institute e altre iniziative intellettuali neoconservatrici. Tra i fondatori c’era anche l’ex imperatore dei media anglosassoni Conrad Black, costretto poi a vendere la sua quota e poi a cedere tutto il suo gruppo editoriale in seguito a un processo e alla condanna per ostruzione alla giustizia e frode nei confronti dei suoi azionisti. Black è rimasto come editorialista, malgrado sia rinchiuso in una cella (ieri il suo commento sulla crisi finanziaria di Wall Street).
Il Sun è un giornale di impronta neoconservatrice, promotore di una politica estera muscolare, in prima linea contro il fondamentalismo islamista e sostenitore della dottrina Bush favorevole alla diffusione della democrazia. Iper-liberista in economia e liberal sulle questioni sociali, il Sun è noto per le sue battaglie a favore del miglioramento dell’istruzione pubblica newyorchese e, soprattutto, per le sue posizioni decisamente filo-israeliane. Il mensile vetero-sinistra newyorchese, The Nation, ha scritto che il Sun “è un giornale che funziona come un gruppo speciale d’assalto giornalistico contro persone e istituzioni che appaiono ostili a Israele e agli ebrei”.
I giudizi degli altri giornali newyorchesi sono ben più rispettosi, malgrado le differenze ideologiche. Il New York Daily, un paio di giorni fa, ha pubblicato un editoriale per spiegare che la scomparsa del Sun sarebbe un danno grave per la città. Il direttore del New Yorker, David Remnick, ha scritto a Lipsky per sottolineare l’importanza del suo giornale, e la stessa solidarietà è arrivata da altre grandi firme liberal e di sinistra, come Jeffrey Goldberg, saggista dell’Atlantic Monthly. Il sindaco Bloomberg si sta impegnando per il Sun, non solo perché il giornale di Lipsky sostiene il sindaco al punto da aver cercato in tutti i modi di convincerlo a candidarsi alla Casa Bianca. Ma anche perché la copertura della politica locale è considerata tra le migliori di New York.
Il punto forte del Sun, però, è la sua sezione “Arts”, probabilmente le pagine culturali migliori d’America, come dimostra la sincera solidarietà espressa dai vertici delle grandi istituzioni cittadine, Metropolitan Museum, Public Library e altre ancora. Tre ex governatori, Mario Cuomo, George Pataki e Eliot Spitzer, i leader del Partito democratico, le organizzazioni ebraiche e il cardinale Edward Egan provano a fornire un sostegno che non sia soltanto formale.
Il problema è che il Sun vende soltanto quattordicimila copie al giorno, quasi tutte nell’Upper West Side, zona ad alta intensità di intellettuali ebrei. Per aumentare la visibilità delle inserzioni pubblicitarie ne distribuisce altre sessantaseimila, non sufficienti a pagare i costi. I conti sono in rosso fin dalla fondazione e si parla di perdite per sedici milioni di dollari annui. C’è chi immagina un futuro da settimanale oppure una trasformazione in giornale esclusivamente internettiano sul modello di The Politico (che va bene, è in pareggio e ha appena annunciato nuovi progetti e assunzioni per il dopo elezioni). Un’altra idea è quella di tornare all’ispirazione originale di Lipsky, quella del Foglio, ovvero a un giornale di sei o otto pagine con una diffusione e costi più contenuti. Allora quel modello è stato abbandonato su suggerimento di Conrad Black e a favore di uno sfoglio più tradizionale con le sezioni e almeno sedici pagine.
Christian Rocca
23 Settembre 2008