Camillo di Christian RoccaThat's it/20

New York. “Georgia’s french bakery shop”, pasticceria di stampo europeo su Broadway, all’altezza dell’ottantanovesima strada, nel cuore dell’Upper West Side di Manhattan. Il pensatore newyorchese Franco Zerlenga, liberal, sostenitore, finanziatore ed elettore di Barack Obama è un po’ dispiaciuto per la performance del candidato democratico al dibattito in Mississippi: “Ha vinto McCain”, dice sconsolato, anche se durante il dibattito sottolineava con un “it’s not true”, “non è vero”, qualsiasi cosa dicesse McCain e con un “giusto, bravo, oh, finalmente” le poche volte che Obama attaccava Bush e McCain. Zerlenga ordina un petto di pollo grigliato e guarnito con ananas, un’insalata, un bicchiere di sangria andalusa (con frutta mista) e per finire un éclair con crema di caffé e il solito cappuccino decaffeinato.
La campagna elettorale presidenziale è entrata nella sua fase più delicata e dura. Zerlenga passa le nottate a vedere sul canale C-Span il discorso del “nazi-plus” Mahmoud Ahmadinejad all’Onu e soprattutto le audizioni sulla crisi finanziaria alle commissioni della Camera e del Senato. Zerlenga si scandalizza per l’occidente che, continuando a dare ascolto al leader islamista iraniano, ha rinunciato ai suoi valori fondamentali, ma non si scandalizza per i toni sempre più accesi della campagna elettorale presidenziale in questi giorni di crisi finanziaria: “La democrazia è esattamente questo – dice – confronto duro e aspro e non è vero che i candidati alla Casa Bianca sono santi”. Ai tempi dei padri fondatori succedeva di peggio, insiste Zerlenga, per esempio “il grande e raffinato Thomas Jefferson, l’autore della Dichiarazione di indipendenza, quando era vicepresidente e sfidava John Adams per la presidenza dava soldi a un noto giornalista, James Callender, per attaccare in modo incredibile il suo avversario”. Il racconto storico passa anche per Harry Truman che voleva desegregare l’esercito e gli avversari che lo accusavano di far parte del Ku Klux Klan, ma soprattutto si intreccia con la campagna elettorale attuale: “McCain ha fatto bene a drammatizzare la crisi finanziaria, interrompendo la campagna elettorale. Così come aveva fatto bene a scegliere Sarah Palin come vicepresidente. Lui e i suoi consiglieri hanno capito che per vincere le elezioni deve presentarsi come ‘maverick’, come indipendente e ogni mossa bizzarra che fa non è campata in aria, ma serve a rinforzare il pilastro portante della sua strategia”. Il compito degli avversari, continua Zerlenga, è quello di demolire il suo punto di forza: “Kerry perse le elezioni proprio per questo. La sua strategia elettorale era quella di presentarsi come un candidato forte sulle questioni di sicurezza nazionale, tanto che ha aperto la convention di Boston col saluto militare e la frase militaresca ‘a rapporto’, ma i repubblicani lo hanno distrutto accusandolo, con il suo pacifismo, di aver tradito i compagni morti o rimasti in Vietnam”.
Zerlenga si stupisce dello stupore dei suoi amici europei – “in campagna elettorale niente è proibito e i repubblicani fanno solo il loro dovere a incalzare Obama sul suo messaggio di speranza, a chiedergli i piani concreti” – e si innervosisce quando sente Walter Veltroni spiegare che la crisi finanziara di Wall Street è stata causata dai repubblicani che non volevano regolamentare il mercato e che ora finalmente i democratici metteranno i paletti necessari: “Questi hanno un concetto astratto di capitalismo, ma il capitalismo è una cosa concreta, è la vita, è il mio amico miliardario Howard che si sta aprendo una pizzeria nel Bronx e poi programma di aprirne un’altra a Brooklyn e poi a Manhattan. La cosa che in Europa si continua a non capire è che il capitalismo americano è democratico e che lo stato non è la nostra mamma, non pensa a tutto”. In America, continua Zerlenga citando le audizioni alla Camera, “i deputati e i senatori domandano quando e come i soldi che lo stato sborserà per salvare Wall Street torneranno indietro, perché il capitale dello stato è mio e di tutti quelli che hanno pagato le tasse”. (chr.ro)

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter