New York. A ventuno giorni dal voto presidenziale del 4 novembre, John McCain e Barack Obama provano a rimodulare il loro messaggio economico per affrontare la crisi finanziaria di queste settimane. I risultati non possono essere più diversi (e a favore di Obama), mentre le crescenti inchieste giudiziarie sui brogli nella registrazione al voto in tredici degli stati più importanti, compiuti da un’associazione di community organizer vicina a Obama, non sembrano scalfire l’inerzia pro democratica.
La campagna di McCain è in pieno dissolvimento, i suoi advisor sono indecisi sul da farsi, le sue iniziative sono contraddittorie ed erratiche. Con i sondaggi che lo danno indietro a livello nazionale e negli stati in bilico, McCain non riesce a formulare una visione strategica sull’America e alterna attacchi alla personalità di Obama a difese sincere del senatore democratico, proiettando tra i suoi elettori e tra gli indipendenti insicurezza e indecisione.
Bill Kristol, sostenitore dal 2000 di McCain, ieri sul New York Times, ha detto che la campagna McCain è “incoerente, incapace e incompetente”, un disastro destinato a fallire se il senatore dell’Arizona non licenzierà il suo intero staff e ricomincerà da capo. McCain, scrive Kristol, deve smetterla di escogitare nuovi piani ogni due giorni e dire la verità al pubblico americano, a cominciare dall’ultimo dibattito di domani sera a Long Island. Nessuno sa che cosa succederà nelle prossime settimane, ha scritto Kristol, per questo è più affidabile l’approccio conservatore e centrista di McCain rispetto al salto nel buio obamiano.
Ancora nel weekend, gli uomini di McCain hanno proposto al senatore trenta nuove e diverse soluzioni economiche da offrire al paese e fino a domenica notte sembrava che il senatore ne avrebbe adottata una, o anche solo proposto un ulteriore taglio delle tasse temporaneo alle imprese, ma McCain non ne ha scelta nemmeno una, restando legato al piano lanciato la settimana scorsa al dibattito di Nashville che invita il Tesoro a subentrare ai mutui dei cittadini e a prestargli soldi a condizione di favore (costo previsto: 300 miliardi di dollari). McCain ha ammesso di essere indietro di 6 punti, anche se probabilmente sono di più, e ha sottolineato che la stampa sbaglia a darlo per finito, così come sbaglia Obama a prendere già le misure delle tende della Casa Bianca e a progettare con lo speaker della Camera Nancy Pelosi la sconfitta in Iraq e nuovi aumenti di tasse e della spesa pubblica: “Ciò di cui in queste ore l’America ha bisogno – ha detto McCain in Virginia – è qualcuno che abbia fiducia nella capacità di giudizio del popolo americano”.
Barack Obama, invece, ha cercato di chiudere la partita presentando un nuovo pacchetto di proposte economiche: “Oggi propongo una serie di passi che si dovrebbero fare immediatamente per stabilizzare il nostro sistema finanziario, fornire sollievo alle famiglie e alle comunità e aiutare i proprietari di casa che stanno soffrendo. E’ un piano – ha detto Obama in Ohio – che comincia con una parola che è nella testa di tutti: la-vo-ro”.
Obama ha confermato di voler abbassare le tasse al 95 per cento degli americani (anche se è impossibile: il 10 per cento degli americani è esentato) e ha proposto un’idea già presente nel programma di McCain e che una settimana fa lo stesso Obama, al dibattito di Nashville, aveva giudicato errata: un nuovo “jobs tax credit” per le aziende che creano lavoro in America nei prossimi anni. Il senatore democratico vuole anche facilitare le famiglie a utilizzare il 15 per cento dei loro risparmi pensionistici e fino a 10 mila dollari, senza pagare la penale fiscale prevista. Infine Obama ha proposto una moratoria di 90 giorni dei pignoramenti delle case per chi, in buona fede, non riesce a pagare i mutui.
14 Ottobre 2008