New York. Mercoledì notte il Senato americano ha approvato con 74 voti a favore e 25 contrari il piano di salvataggio di Wall Street preparato dall’Amministrazione Bush, modificato dai leader democratici e repubblicani al Congresso e sostenuto da Barack Obama e John McCain. La Borsa di New York è andata giù per il secondo giorno consecutivo, dopo il rialzo di martedì (a piano apparentemente sepolto). Oggi toccherà alla Camera, dopo la bocciatura di lunedì. Non si sa ancora se le modifiche apportate dal Senato (tagli fiscali per imprese e famiglie e più sicurezza per i conti bancari) riusciranno a convincere la maggioranza dei deputati a cambiare idea e votare sì. Il voto al Congresso, il dibattito intellettuale e i sondaggi mostrano che l’America è spaccata sull’idea di utilizzare 700 miliardi di dollari pubblici per comprare gli asset invendibili delle istituzioni finanziarie di Wall Street. L’opposizione è diffusa ma, al contrario di quanto si legge nelle cronache più sbrigative, non è dettata da dottrine ideologiche conservatrici e liberiste. L’alleanza degli oppositori è la più eterogenea che si sia mai vista. I contrari al piano elaborato a Washington e a Wall Street sono liberisti e socialisti, radicali e populisti di destra e di sinistra. L’intero “black caucus”, il gruppo parlamentare afroamericano con i leader dei diritti civili, ha votato contro perché crede come i colleghi conservatori dell’America rurale che non spetta ai contribuenti pagare per gli errori dei manager.
Si oppongono all’intervento pubblico studiosi e politici che credono nel libero mercato, così come chi crede nel ruolo dello stato nell’economia. I primi pensano che stato e settore privato debbano stare separati, i secondi che i soldi pubblici debbano essere usati per prendere il controllo delle aziende, non per liberarle dalle sofferenze finanziarie. I centri studi liberali, come il Cato Institute, sono sul piede di guerra, così come i grandi esperti economici di sinistra come Robert Reich, Nouriel Roubini e il finanziere engagé George Soros. Anche Paul Krugman, l’economista liberal per eccellenza, ha grandi dubbi. Centinaia di importanti professori universitari di Economia hanno firmato un appello contro il piano Paulson.
Le proteste sono di destra e di sinistra, con manifestazioni in molte città organizzate da sindacati, pacifisti (Democracy Now), femministe (Code Pink), libertari. Lo slogan è “no cash for trash”, no ai contanti in cambio di spazzatura. Michael Moore s’è mobilitato accusando “i ricchi di aver preparato un golpe”. I gruppi radicali cominciano a dubitare di Obama. Al Senato tra i 24 che hanno votato contro ci sono quattro senatori i cui seggi sono a rischio e timorosi come i colleghi della Camera di perdere il posto, ma anche i populisti e i liberisti delle due sponde, compreso Bernie Sanders, l’unico socialista del Senato. A favore del piano di salvataggio di Wall Street c’è solo l’establishment politico e finanziario di Washington e New York.
3 Ottobre 2008