New York. “La Bettola”, trattoria italo-maltese su Amsterdam Avenue, tra la settantanovesima e l’ottantesima strada. Il pensatore newyorchese Franco Zerlenga, reduce dal tacchino del Thanksgiving a casa di amici ordina solo una caprese e un piatto di gnocchi al pomodoro e mozzarella fusa e il solito cappuccino decaffeinato. Zerlenga è la persona meno stupita al mondo per la strage islamista di Mumbai: “Vi volete mettere in testa che ci hanno dichiarato guerra, o no?”, comincia Zerlenga. “Non capisco perché i politici e i giornalisti non studiano, invece di dire fesserie come quelle che sento in queste ore. E’ tutto molto chiaro, non da ieri, ma da circa quattordici secoli”. Stavolta Zerlenga – registrato al Partito democratico, elettore e finanziatore di Barack Obama – non ce l’ha con Paolo Galimberti e Repubblica Tv, ma con la Cnn che dà la parola ad analisti convinti che gli islamisti cerchino “pubblicità” con i loro atti. “Ma che pubblicità? – dice Zerlenga – vogliono la guerra. La Cnn, continua il pensatore newyorchese, parla di “scena del crimine” e di “gunmen”, come se si trattasse di un delitto di cronaca nera: “L’Islam è in guerra con noi fin dai tempi della sua fondazione, i raid come quello di Bombay sono cominciati con Maometto millequattrocento anni fa – spiega Zerlenga che tra le tante cose è stato anche professore di Storia dell’islam alla NYU – Ora l’islam si sente forte e attacca apertamente le due più grandi democrazie del mondo, l’America e l’India”.
Bin Laden e i suoi seguaci wahabiti attaccano militarmente, dice Zerlenga, ma c’è anche l’attacco ideologico dell’Arabia Saudita che finanzia le scuole islamiche (madrasse) che insegnano ai bambini a odiare e a uccidere i non credenti. I sauditi, inoltre, si fanno gioco delle Nazioni Unite, ribadisce Zerlenga, e riescono a ottenere la risoluzione che chiede agli stati membri di adottare misure legislative per vietare la critica alla religione. “O è ignoranza o è complicità collettiva. That’s it”, dice Zerlenga, il quale se la prende anche con James Bond: “Una volta Bond era l’agente segreto anticomunista, ora siamo arrivati al ridicolo che lo facciamo combattere contro un proprietario terriero dell’Ecuador, piuttosto che riconoscere il nemico islamico. Questa è codardia”. Zerlenga non si ferma un attimo: “Gli islamici stanno giocando la loro partita su diversi livelli, la strategia è molto sottile: scatenano le stragi e poi si propongono come mediatori, come fa la Turchia che ci chiede di farla entrare in Europa sennò chissà che cosa potrebbe succedere”.
Bush, dice Zerlenga, è colpevole di non aver fatto seguire alle parole sulla guerra al terrore fatti concreti. Secondo Zerlenga, il presidente repubblicano non è stato sufficientemente duro con gli islamisti, per esempio non ha minacciato le tribù pachistane di “bombardamenti a tappeto” se non avessero consegnato Bin Laden: “Obama su questo è stato rassicurante – dice Zerlenga – perché ha promesso che da presidente autorizzerà incursioni militari in Pakistan”. Obama, però, sta organizzando un team di politica estera realista e pragmatico, pieno di uomini legati a Brent Scowcroft, attenti a suggerire strategie di dialogo con i nemici: “Quella è gente d’altri tempi, ma ora alla guida c’è Obama e Obama è riuscito a far tornare gli americani orgogliosi di essere americani. Certo – spiega il pensatore newyorchese – ora dovrà riflettere sulle nuove sfide ed elaborare nuove risposte, ma è intelligente e credo che voglia davvero tentare un dialogo con i nemici, ma per far vedere che quelli non ne sono assolutamente interessati. A quel punto gli dovrà fare male davvero. Se non lo farà, la sua sarà una presidenza miserabile e tra quattro anni sarà sbattuto fuori dalla Casa Bianca”.
30 Novembre 2008