New York. L’attore e militante politico Sean Penn è sempre in prima fila se c’è da scioperare, protestare o raccontare l’ultima mascalzonata del governo di Washington in Iraq, in Iran, a New Orleans, in Venezuela, a Cuba. Penn ama scrivere per i giornali i reportage delle sue missioni politiche, anche se spesso si colorano di aspetti tragicomici, come quando la barca con cui avrebbe dovuto portare aiuto e conforto alle vittime dell’uragano Katrina è affondata. Durante questi viaggi è diventato amico del presidente venezuelano Hugo Chávez, il quale ricambia citandolo spesso nei discorsi alla nazione, ma anche di Fidel e Raúl Castro, dal quale Penn ha portato anche la famiglia. La vittoria di Barack Obama ha commosso Penn, anche se lui sosteneva il bizzarro deputato dell’Ohio, Dennis Kucinich, uno che dice di aver visto gli Ufo nel giardino di casa di Shirley McLaine.
Penn non si capacita del fatto che il vicepresidente eletto, Joe Biden, abbia definito “dittatore” il suo amico Chávez. Così per smitizzare la propaganda americana ha deciso di tornare a trovarlo, provando a convincere due amici scettici, l’intellettuale e polemista Christopher Hitchens che ha definito Chávez “un clown ricco di petrolio” e lo storico Douglas Brinkley. Secondo Penn, “Chávez forse non sarà un uomo buono, ma potrebbe diventare un grande uomo” e per dimostrare che le sue parole sono sincere ha deciso di partire con Hitchens e Brinkley, promettendo loro un incontro con Chávez e, visto che c’erano, anche con Raúl Castro a Cuba. “Con loro mi diverto molto”, ha scritto Penn nel resoconto pubblicato dal periodico The Nation. Hitchens ne scriverà per Vanity Fair.
L’allegra brigata si è affidata a un produttore cinematografico argentino, vecchio amico di Penn, per convincere Chávez e Castro a ricevere anche Hitchens e Brinkley. “Mi hermano – gli ha detto l’amico – consideralo già fatto”. Il viaggio però è cominciato male. Il volo da Houston a Caracas, a causa di problemi meccanici, è partito con parecchie ore di ritardo, intorno alle tre del mattino. Hitchens, racconta Penn, ha ricordato durante la lunga attesa che “molto raramente va male soltanto una cosa”. Penn, più ottimista, gli ripeteva: “Hitch, non ti preoccupare, arriveremo in tempo”.
Alla fine ce l’hanno fatta e Chávez li ha portati all’isola Margarita, dove i quattro hanno trascorso due interi giorni insieme, comprensivi di ore e ore di colloqui privati con Chávez, durante i quali l’allegra brigata ha notato che l’inglese del presidente migliorava ogni volta che parlava di baseball (alla domanda sulla “dottrina Monroe”, però, Chávez è tornato allo spagnolo per esprimere più precisamente la contrarietà all’interventismo yankee in America latina). Hitchens, racconta Penn, prendeva nota, ma mostrava silenziosamente il suo scetticismo nei confronti di Chávez: “Criis-to-fer – gli ha detto Chávez – fammi una domanda, anche la più tosta”. Hitchens gli ha chiesto la differenza tra lui e Fidel, a cui Chávez ha risposto che Fidel è comunista ateo e lui un socialdemocratico che crede in Dio. Chávez li ha portati in giro per l’isola, continuando a chiacchierare con loro prima e dopo i comizi, ma anche in chiesa. Al terzo giorno sono partiti per l’Avana, dove però per due giorni Raúl non s’è fatto sentire. Hitchens era nervoso, ma i tre trovavano ristoro a La Castellana, uno dei migliori spot della città. Poi un uomo di Raúl ha detto a Sean Penn che il leader avrebbe ricevuto soltanto lui. Penn, senza farsi vedere dagli altri, è andato a intervistare Raúl. Hitchens aveva ragione: “Molto raramente va male soltanto una cosa”.
2 Dicembre 2008