Camillo di Christian RoccaThat's it/29

New York. “La Goulue”, ristorante francese su Madison Avenue, tra la sessantaquattresima e la sessantancinquesima strada, nella parte bassa dell’elegante e ricca Upper East Side. Il pensatore newyorchese Franco Zerlenga ordina una zuppa di lenticchie, un piatto di “endives braisées au jambon de Paris gratinées au fromage” e una coca cola dietetica. L’ex professore della New York University entra a modo sul nel dibattito sulla presidenza Bush, considerata dai suoi numerosi critici “come la peggiore degli ultimi cinquant’anni”.
Zerlenga, elettore di Barack Obama e militante del Partito democratico da una vita, ha un’opinione diversa: “Sono Bush padre e Bill Clinton quelli che saranno ricordati tra i peggiori presidenti della storia americana, sulle questioni di politica estera”. Zerlenga imputa al padre dell’attuale presidente i rapporti con l’Arabia Saudita e al suo successore democratico di non aver capito la portata della minaccia di al Qaida. Zerlenga non vede la contraddizione tra la sua immensa fiducia in Obama e una squadra di politica estera e di sicurezza formata da gente che si è fatta le ossa sia con Bush senior sia con Clinton. Il pensatore newyorchese non se ne cura e nota, piuttosto, che Obama ha detto che la sua squadra “dovrà mettere in atto la sua visione ideale”. Zerlenga, così, cita passi degli ultimi discorsi obamiani per sottolineare che il presidente eletto sembra avere intenzione di fare sul serio, specie sull’Arabia Saudita: “Dopo Mumbai, Obama ha detto chiaramente che la nostra dipendenza dai regimi autoritari rafforza i nostri nemici e mette in pericolo il nostro pianeta”. Tradotto, dice Zerlenga, vuol dire che Obama ha ben chiaro il pericolo creato dai regimi islamici e dall’Arabia Saudita.
L’unica preoccupazione di Zerlenga è questa idea, cominciata a circolare sui giornali di ieri, che Obama voglia parlare direttamente al popolo musulmano con un gran discorso da tenersi magari in Egitto. “Il problema è che i musulmani gli faranno tiè”, prevede Zerlenga. L’errore che si continua a fare, spiega l’ex professore di Storia dell’islam, è di valutare il mondo musulmano con categorie eurocentriche. Zerlenga ce l’ha in particolare con Thomas Friedman e con la Conferenza episcopale italiana. “Friedman si occupa da vent’anni di medioriente, ha pure vinto un Pulitzer, ma non ha ancora capito niente – dice il prof mostrando un ritaglio dell’ultimo articolo di Friedman sul New York Times – Ora chiede ai pachistani di andare in piazza per protestare contro i terroristi di Mumbai… ma non sa che quelli so’ felicissimi, anzi si congratulano per quanto sono stati bravi i terroristi, per come hanno usato la tecnologia occidentale per compiere gli attacchi”. Zerlenga nota, inoltre, che gli studenti musulmani che vengono a studiare in America frequentano le facoltà tecniche, non quelle umanistiche: “Le humanities occidentali gli fanno schifo”, dice. Poi è il turno dei vescovi cattolici, con premessa congratulatoria al Papa per aver scritto chiaramente, nella prefazione al libro di Marcello Pera, che con l’islam “un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile”, mentre semmai è necessario provare a imbastire un “dialogo interculturale”.
A Zerlenga invece non va giù la posizione della Cei sulla costruzione delle moschee in Italia: “Loro dicono di sì, ma a patto che siano soltanto luoghi di preghiera, ma fanno finta di non capire che la moschea non è mai stata un luogo di culto e basta, ma è nata come un luogo politico-religioso”. Continua: “Nell’islam il messaggio religioso non si può separare da quello politico, la moschea non è una chiesa”.
Il prof, infine, estrae dalla borsa un testo “by Franco Zerlenga” dal titolo “Anatomy of a Predator”. E’ la prefazione psicologico-politica che il pensatore newyorchese ha appena scritto per un libro a cui sta lavorando un suo amico: “L’amore non è sentimentalismo. L’amore è riconoscere che gli altri esistono nella loro specifica esistenza. I predatori non sono capaci di vedere gli altri come esseri umani. Li vedono come fredde astrazioni: un uomo, una donna, un ebreo, un nero, un infedele, un nativo, uno straniero: queste ‘cose’ possono essere usate ed eliminate. In termini politici le dottrine totalitarie (comunismo, fascismo, nazismo, razzismo, islam, correttezza politica) sono basate su questo. Oggi le due più contemporanee dottrine predatorie sono il nazismo e l’islam: gli infedeli sono astrazioni fredde, devono essere eliminati. Lo insegnano nelle scuole dell’Arabia Saudita: uccidere un infedele è l’obbligo di ogni sincero e devoto musulmano”. (chr.ro)

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