Camillo di Christian RoccaUn bailout per la stampa?

New York. Due mesi fa ha chiuso il piccolo quotidiano New York Sun, ma ora la crisi finanziaria globale, il conseguente calo della pubblicità, la costante erosione delle vendite in edicola e la difficoltà di accedere a prestiti e finanziamenti stanno facendo tremare anche i giganti del giornalismo americano. Ieri la Tribune company, la società proprietaria del Chicago Tribune, del Los Angeles Times, del Baltimore Sun e di una altra trentina fra giornali e canali televisivi locali o di settore ha portato i libri in tribunale e ha chiesto la bancarotta.
Il New York Times è vicino al collasso, anche per una serie di cervellotiche scelte manageriali, e ha deciso di ipotecare il nuovo grattacielo di Renzo Piano sull’Ottava avenue per fare fronte alle linee di credito per 800 milioni (metà dei quali scadono a maggio) che presto non ci saranno più. In un anno le azioni sono scese del sessanta per cento e sono state valutate dalle agenzie di rating al pari dei titoli spazzatura. Il Washington Post, le cui azioni sono scese del quaranta per cento, ha deciso dalla settimana prossima di alzare il prezzo di vendita a 75 cent (un anno fa era 35).
Tribune Co. acquistata l’anno scorso dal miliardario Sam Zell, ha debiti per tredici miliardi di dollari e assett per poco meno di otto, così si è rivolta a una corte federale del Delaware per la bancarotta. Il crollo delle inserzioni pubblicitarie l’ha messa nella condizione di non essere più in grado di pagare i debiti e gli interessi passivi. Nel terzo trimestre dell’anno, Tribune ha perso 124 milioni di dollari a fronte di un profitto di 84 nello stesso periodo dell’anno precedente. La società deve fare cassa e non è servita a molto la recente vendita del quotidiano Newsday per 650 milioni di dollari. L’alternativa al fallimento, favorita anche dai creditori, è quella di una riorganizzazione societaria e di una ricontrattazione del debito (entro giugno deve rientrare di mezzo miliardo di dollari). La società di Zell ha cercato di vendere il club di baseball dei Chicago Cubs, lo stadio, gli edifici del Chicago Tribune e del Los Angeles Times, ma in piena crisi è stato difficile trovare compratori. Il Los Angeles Times continua a produrre un piccolo profitto, e prima della crisi era stato valutato un miliardo di dollari, ma lo staff redazionale è stato ridimensionato al punto che ormai è poco più di un (mega) quotidiano locale.
Il peggio deve ancora venire. Secondo gli analisti, nel 2008 non c’è stato un vero calo della pubblicità, ma ci sarà il prossimo anno. C’è chi parla di una diminuzione degli investimenti pubblicitari del 4,5 per cento sul mercato americano, chi del 6,2. Tradotto in dollari, il prossimo anno ai media americani potrebbero mancare oltre 150 miliardi di dollari. A soffrirne di più sarà proprio la carta stampata, mentre non si prevedono collassi per le televisioni. Secondo gli analisti di GroupM, crescerà la pubblicità su Internet, anche se non ai ritmi degli ultimi anni, cinque per cento in più, invece del 16 per cento del 2008.
La prima conseguenza sarà un forte ridimensionamento redazionale, già avviato nel 2008. Sono circa seicento le persone sulla via del licenziamento al gruppo Time Warner (Time magazine, People, Sports Illustrated), 850 a Viacom (Mtv e altri canali), 100 a Newsday, 30 alla Nbc, 80 alla Cnbc. Solo nel 2008, secondo il sito Paper Cut, i tagli nella stampa sono stati 15.153.
La situazione è così drammatica che c’è chi, come la rivista liberal New Republic, ha proposto di estendere il bailout (le operazioni di salvataggio già adottate per il settore finanziario e in discussione per quello automobilistico), anche all’industria giornalistica, magari riattivando quel “Federal Writers Project” che tra il 1935 e il 1939 ha dato lavoro a seimila giornalisti e fotografi. Quel progetto, secondo Mark Pinsky, ha contribuito enormemente alla cultura, alla storia e alla letteratura americana, specie per le guide sugli stati e i libri sulle minoranze e sulla schiavitù. Tra i beneficiari degli allora 80 dollari mensili, John Steinbeck, Saul Bellow e Ralph Ellison.

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