Camillo di Christian RoccaL'uomo più importante di Washington

Greg Craig, ex avvocato di Bill Clinton, ora consigliere legale della Casa Bianca. Obama si è affidato a lui per riscrivere le leggi sul terrorismo di Bush. In modo da cancellare il passato, senza rinunciarci del tutto

A Washington si dice, scherzando, che la persona più importante della capitale non sia Barack Obama, ma il suo rumoroso capo dello staff, Rahm Israel Emanuel. Al punto che, domenica, il New York Times ha raccontato come Emanuel abbia passato il telefonino al presidente chiedendogli di prendere al suo posto la chiamata di un senatore repubblicano perché lui era troppo impegnato a fare altre cose. Emanuel è certamente l’uomo chiave dell’Amministrazione Obama e il suo ufficio è il crocevia politico dove si decide la sorte delle proposte obamiane e si elabora la strategia per realizzare le idee del presidente.
Eppure in questa prima settimana obamiana nella West Wing, ricca di decreti esecutivi che hanno fatto clamore non soltanto perché hanno ribaltato alcune decisioni di George W. Bush, ma anche per i punti aperti che hanno lasciato, la persona più importante e decisiva è stata un’altra: Greg Craig. Sessantaquattro anni, già difensore di Bill Clinton al processo di impeachment e consigliere di politica estera e di difesa di Ted Kennedy e di Madeleine Albright, oggi Craig è il consigliere legale della Casa Bianca, l’avvocato della presidenza Obama, l’advisor con cui il neo presidente sta cercando cautamente di smontare pezzo dopo pezzo i pilastri della guerra al terrorismo di Bush, lasciandosi però aperta la possibilità legale di utilizzarne gli strumenti che reputerà necessari per sconfiggere al Qaida. Chi ha assistito alla cerimonia con cui Obama ha presentato e poi firmato i decreti sulla chiusura di Guantanamo, sul trattamento dei prigionieri e sulle prigioni segrete della Cia si è accorto che il presidente ha spesso cercato con gli occhi l’approvazione del suo consigliere e a un certo punto lo ha pure chiamato in causa: “Greg, ho dimenticato qualcosa?”. La stessa cosa è successa alla prima conferenza stampa del portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs. Ai giornalisti che chiedevano chiarimenti sui decreti, Gibbs ha più volte rimandato a un incontro informale che Craig avrebbe avuto con la stampa.
Craig è la risposta obamiana a David Addington, la mente giuridica di Dick Cheney e della Casa Bianca di Bush che in questi anni è stato definito dai giornali come “l’uomo più potente di cui non avete mai sentito parlare”. Così come Addington ha posto le basi giuridiche che hanno consentito al presidente Bush di esercitare nella sua pienezza il mandato costituzionale di comandante in capo in tempo di guerra, il compito di Craig è quello ancora più delicato di mostrare pubblicamente la svolta obamiana sui temi della sicurezza nazionale, senza però pregiudicare l’efficacia dell’azione esecutiva del nuovo presidente e le attività investigative della Cia. E, per questo, parla spesso con i giornalisti e con i parlamentari per rassicurare che, malgrado i decreti, il presidente non deluderà le esigenze e le richieste della comunità di intelligence.
Craig era in lizza per il posto di capo dello staff, poi preso da Emanuel, per quello di consigliere per la sicurezza nazionale e anche per Segretario di stato. In campagna elettorale, Craig ha interpretato il ruolo di John McCain per aiutare Obama a preparare il primo dibattito sulla politica estera con il candidato repubblicano. Obama l’ha scelto come consigliere legale, perché ha capito dall’esperienza di Bush che la ragnatela di leggi e di regole create negli anni Settanta dopo lo scandalo del Watergate per controllare gli eccessi del potere esecutivo rischiano di rallentare l’attività di governo, proprio sulle questioni di sicurezza nazionale.
Addington, per conto di Bush, aveva il compito di trovare sponde legali alle decisioni antiterrorismo di Bush e Cheney. Con i primi decreti di Obama, Greg Craig è riuscito nel capolavoro giuridico di cancellare formalmente il passato bushiano, consentendo al presidente di poter rivendicare pubblicamente e subito un cambio di rotta, ma anche di rinviare di sei mesi la decisione sulle possibili eccezioni per Guantanamo, per le tecniche di interrogatorio e per i processi nelle corti speciali richieste dalla Cia e dalla complessità della guerra al terrorismo.