Sembra incredibile, ma Barack Obama non è ancora il presidente degli Stati Uniti. Si insedierà soltanto martedì, a mezzogiorno ora di Washington. Eppure è come se fosse in carica da un bel pezzo. Da mesi lo vediamo ogni giorno in televisione mentre presenta la sua squadra, elabora piani economici e fa intuire le linee guida della sua politica estera. Non è ancora alla Casa Bianca, ma ha già dovuto fare i conti con uno scandalo a Chicago, ha perso per strada il ministro del commercio e deve affrontare i guai fiscali del suo ministro del Tesoro. Obama può già vantare una lunga lista di gente delusa e almeno un paio di terroristi che lo criticano, cui però può affiancare un altrettanto lungo elenco di analisti e politici conservatori colpiti favorevolmente dalle sue scelte.
Obama è un grande politico, capace di promettere e di piacere a tutti e poi abile a prendere le decisioni che reputa necessarie, senza badare troppo a che cosa aveva promesso in campagna elettorale. I suoi cambi di rotta sono sempre soft, mai bruschi, non scatenano rabbia e indignazione. Il caso del carcere di Guantanamo, dove sono detenuti 250 terroristi stranieri, è emblematico. Obama aveva promesso di chiuderlo subito. Ora la posizione è cambiata, ma è come se fosse la stessa: Obama annuncerà la chiusura, ma ha fatto sapere che ci vorrà almeno un anno perché «è più difficile di quanto la gente possa immaginare».
Non c’è solo Guantanamo, ma anche l’Iraq. Obama aveva promesso il ritiro in 16 mesi, ma ora è indirizzato a seguire la linea Bush, concordata con gli iracheni, ovvero il rientro dei soldati per la fine del 2011. In campagna elettorale aveva accusato Bush di non essere andato sulle montagne del Pakistan a catturare Osama Bin Laden, ma ora che sta per avere il comando delle forze armate si è reso conto che è preferibile lasciarlo marcire dentro una caverna, piuttosto che inviare centomila uomini in un Paese straniero. La stessa cosa sul taglio delle tasse: il candidato Obama aveva promesso di cancellare la riduzione fiscale bushiana per i più ricchi, ora ha fatto capire che la manterrà. Si potrebbe continuare all’infinito – dalla scelta di Hillary Clinton, dei clintoniani e del ministro della guerra di Bush, tre mesi fa descritti come i rappresentanti del vecchio modo di fare politica, fino all’annuncio recente a favore della costruzione di centrali nucleari – ma è sbagliato descrivere Obama come un politico che promette e non mantiene.
Obama non è un ideologo, è un uomo intelligente, curioso e concreto. Gli piace ascoltare le opinioni contrarie, vagliare entrambi i lati di una questione e poi prendere la decisione migliore. Il dramma, per i detrattori del suo predecessore, è che questo approccio pragmatico non lo farà allontanare di molto dalla politica estera condotta da George W. Bush.
Christian Rocca
16 Gennaio 2009