Camillo di Christian RoccaCosì si discute della fine dell'America cristiana, ammesso che sia finita

New York. La crisi economica e le grandi questioni di sicurezza internazionale tengono sempre banco in America, anche se un gradino sotto la finale del campionato universitario di basket vinta lunedì dalla North Carolina, ma un osservatore esterno non può fare a meno di notare, oggi come nell’Ottocento di Alexis de Tocqueville, “l’atmosfera religiosa del paese” accompagnata da “dubbi profondi e indifferenza” nei confronti della fede. La religione e la libertà di professarla sono elementi fondamentali della società americana di ogni epoca, codificati nel Primo emendamento della Costituzione.
Questa settimana, con il presidente Barack Obama in Europa e in Iraq, la copertina di Newsweek è dedicata a un lungo saggio del suo direttore, Jon Meacham, dal titolo “Declino e caduta dell’America cristiana”. Ieri, invece, il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo di un collega di Meacham, il direttore dell’Economist John Micklethwait che, con il capo della redazione di Washington Adrian Wooldridge, ha scritto un articolo per confutare la tesi di Newsweek. Il duo dell’Economist – attento osservatore delle cose americane che ha appena scritto “God is back”, Dio è tornato – sostiene che malgrado il declino della religione sia stato annunciato ancora una volta, nella realtà “Dio non è ancora morto” (vedi inserto I).
La tesi di Meacham su Newsweek è meno ultimativa del titolo del saggio: il cristianesimo, scrive il direttore del settimanale, non sta morendo, anzi resta una forza vibrante per miliardi di fedeli e la notizia della sua morte è certamente esagerata, ma ci sono segnali ben visibili sia ai credenti sia agli atei che oggi l’America sia un paese decisamente meno cristiano di un tempo, anche solo rispetto a cinque anni fa, quando il film in aramaico di Mel Gibson sulla passione di Cristo ha sbancato i botteghini. In questi anni, scrive Newsweek, è cambiato qualcosa soprattutto sul fronte politico. Il Dio cristiano non è morto, ma rispetto al passato è una forza meno influente nella politica e nella cultura, anche se ancora molto superiore a ciò che accade nel panorama europeo: “Rimaniamo una nazione formata dalla fede religiosa – scrive Meacham – ma la nostra politica e la nostra cultura sono meno influenzate dai movimenti e dalle tesi più esplicitamente cristiane”. Il direttore di Newsweek cita i dati di una recente ricerca secondo cui, dal 1990 a oggi, il numero di chi dice di non appartenere a nessuna affiliazione religiosa è raddoppiato (dall’8 al 15 per cento della popolazione). Un altro elemento importante è che oggi non è il più la costa nord occidentale degli Stati Uniti, tradizionalmente più libertaria e anarchica, a essere l’epicentro laico del paese, ma quella nord orientale, ovvero il pilastro religioso degli Stati Uniti da ben prima della loro fondazione.

I numeri calanti
Il numero calante degli americani cristiani, scrive Newsweek, non significa necessariamente che l’America sia diventata una nazione post cristiana, anche perché i numeri assoluti dicono altro: un terzo degli americani si definisce “cristiano rinato” e la nuova immigrazione ispanica fa crescere la percentuale dei cattolici. Il declino delle chiese protestanti del nord est, semmai, segnala un rafforzamento dell’ala più conservatrice dell’America cristiana. Anche se poi, alle ultime elezioni, a guidare i repubblicani non c’è stato un capo molto a suo agio con la destra religiosa, come lo era George W. Bush, ma uno spirito libero e laico come John McCain.
L’avvento di Barack Obama, cioè di un leader politico capace di parlare con naturalezza di fede e religione, secondo il direttore di Newsweek ha spostato l’attenzione più sulla libertà religiosa che sull’imposizione di espliciti valori religiosi nella sfera pubblica. E’ stato questo l’errore dell’America cristiana, secondo Meacham, quello tradizionale e ricorrente di chiedere alla politica di governare secondo i precetti biblici e teologici in reazione a fenomeni culturali o sociali, come l’alcol o il divorzio o l’aborto, che fanno temere la trasformazione dell’America ideale delle origini in una società laicista sul modello di quelle europee. Il teologo conservatore George Weigel conferma il cambiamento in corsa, ma ricorda che “finché i presidenti degli Stati Uniti pensano sia appropriato concludere i discorsi con ‘Dio benedica l’America’ possiamo essere ragionevolmente sicuri che gli Stati Uniti non sono diventati laici come l’Europa e che la caratteristica religiosità americana che aveva notato Tocqueville ha ancora qualcosa di importante da dire”.     (articoli nell’inserto I)

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