Camillo di Christian RoccaThat's it/35

New York. “Manhattan Marriage Bureau”, su Worth Street, a un passo dal municipio (City Hall), il pensatore newyorchese Franco Zerlenga ieri ha sposato la sua cara compagna Trudi. Il Corriere della Sera di martedì, come involontario regalo di nozze, ha pubblicato una sua antica intervista del 1972 allo scrittore Giorgio Bassani. Solo che Zerlenga nega al Foglio di aver mai intervistato Bassani

New York. “Manhattan Marriage Bureau”, su Worth Street, a un passo dal municipio (City Hall), il pensatore newyorchese Franco Zerlenga ieri ha sposato la sua cara compagna Trudi. Il Corriere della Sera di martedì, come involontario regalo di nozze, ha pubblicato una sua antica intervista del 1972 allo scrittore Giorgio Bassani. Solo che Zerlenga nega al Foglio di aver mai intervistato Bassani: “Per evitare qualsiasi equivoco vorrei precisare che 1) il Franco Zerlenga firmatario dell’intervista senza alcun dubbio non sono io. Se esiste o esisteva un altro Franco Zerlenga che si interessa o interessava di letteratura e dintorni non lo conosco, ma per quello che so della mia famiglia e dei Franco Zerlenga posso assicurare che mio nonno Franco Zerlenga si interessava di terreni da pascolo e aveva fabbriche di cioccolato che vendette, se ricordo bene, a Talmone. Il generoso nonno don Ciccio è morto di vecchiaia nel 1943, ma la leggenda familiare vuole che sia morto prima dell’armistizio con due suoi amici ebrei svizzeri nascosti nell’attico della villa alle falde del Vesuvio 2) un altro Franco Zerlenga è arrivato a New York nel 1889 su un mercantile dell’Arabia saudita dal porto di Rotterdam, ma di lui si sono perse le tracce; 3) nel 1972 io studiavo Demografia alla Fordham University lontano da ogni contatto con italiani e italo-americani; 4) ho avuto la gioia di incontrare Bassani a New York soltanto nel 1979-80 e ricordo che con il mio carissimo amico Piero Violante siamo andati una sera in un coffee shop della Terza avenue. Fu una conversazione simpatica ma non si è parlato di letteratura, piuttosto degli Stati Uniti. Se ben ricordo, dopo quella volta non ho avuto più la gioia di incontrarlo. Successivamente ho conosciuto il figlio di Bassani, un veterinario con il quale scambio amichevoli ma rare e-mail. Spero che il Franco Zerlenga dell’intervista esista, desidererei conoscerlo, sono uno dei pochi convinti sostenitori della clonazione”. Anche Obama gli ha fatto un regalo, più apprezzato di quello del Corriere, con la decisione di boicottare la conferenza Onu di Ginevra sul razzismo trasformata dai paesi islamici nella solita litania di accuse antisemite. Non gli era piaciuta, invece, la scelta del presidente di pubblicare i memo riservati che avevano autorizzato le tecniche “intensificate” di interrogatorio sui detenuti talebani e di al Qaeda. Sia da celibe sia da sposato, Zerlenga non si capacita del fatto che l’occidente e perfino l’America non capiscono l’intrinseca natura del nemico che ha come elemento costituente “la distruzione della civiltà creata negli ultimi tre secoli dal mondo libero”. Anche i più preparati e attenti, dice Zerlenga, “non capiscono che nella mente musulmana non c’è nessuna distinzione concettuale o reale tra religione e politica, per tutti i musulmani ciò che è politico è anche religioso”. Il premier turco Recep Erdogan, ricorda Zerlenga, si era opposto alla nomina a capo della Nato dell’ex premier danese “non con una motivazione politica, ma religiosa, non lo voleva perché la Danimarca è il paese che non ha vietato a un giornale di pubblicare le vignette sull’islam”. Zerlenga prova a spiegare anche ai suoi amici liberal che non si può trattare ingenuamente con i musulmani: “Noi per loro siamo infedeli, gente inferiore che non ha diritto di conoscere la verità. Questo è un principio dell’islam, se uno malgrado ciò continua a credere a un musulmano è colpa sua e nel caso io ho pronti una decina di ponti di Brooklyn da vendergli”. I pirati, poi. “Non sono pirati, sono musulmani. Nell’islam c’è una grande tradizione piratesca o ci siamo dimenticati che già Cervantes è stato catturato da pirati, fatto prigioniero per alcuni anni e poi liberato dopo il pagamento di un riscatto? La pirateria, come la schiavitù, fa parte della tradizione musulmana. Uno come Zbigniew Brzezinski, per esempio, continua a non capire niente di islam e a pensare che i musulmani ragionino come i sovietici. La sua tesi è che se facciamo concessioni, per esempio all’Iran, gli ayatollah cambieranno idea, ma non capisce che in questo modo pensano di aver vinto, grazie ad Allah”.
Al pensatore newyorchese non va mai fatto il nome di ElBaradei, il capo dell’Agenzia atomica delle Nazioni Unite: “E’ musulmano, è evidente che vuole che anche i musulmani si facciano l’atomica”. Zerlenga è pessimista: “Ci stiamo preparando a uno scontro tremendo a tutti i livelli, ci vorranno cinque o sei anni, ma stiamo facendo di tutto per ripetere gli errori alla base della Seconda guerra mondiale”. Auguri.
    Christian Rocca

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