New York. “Good enough to eat”, piccola trattoria very american su Amsterdam avenue, all’altezza dell’83esima strada. Il pensatore newyorchese Franco Zerlenga, spilla “I love Mahler” sul bavero, ordina un hamburger di tacchino, più vari condimenti, e sfodera tutto l’entusiasmo di cui è capace per lodare la scelta di Barack Obama per la Corte Suprema, la giudice Sonia Sotomayor, nata e cresciuta nel South Bronx. “Ci ho abitato anch’io lì, nel 1968, in una casa popolare simile a quella in cui è vissuta lei. Era un quartiere poverissimo, un tempo popolato di italiani, poi da portoricani”. Zerlenga, già professore di storia dell’Islam alla New York University e animatore culturale al Consolato d’Italia e all’Istituto italiano di cultura, ricorda quanto gli americani fossero orgogliosi dei loro “project”, i progetti di edilizia popolare avviati dai Kennedy e realizzati durante gli anni della Great Society di Lyndon Johnson con cui avevano risolto il problema delle baraccopoli che allora affliggeva le città di tutto il mondo, anche occidentale: “Magari ci sono gli homeless e i ‘white trash’ che vivono nei ‘trailer’, le case mobili, ma in America non esistono baraccopoli o favelas”. Il South Bronx era un’enclave cattolica che fino al 1967, l’anno della sua morte, viveva nel culto del grande cardinale Francis Joseph Spellman, dice Zerlenga. Sonia Sotomayor ha cominciato a realizzare il suo sogno americano grazie all’istruzione ricevuta dalla scuola cattolica privata “Cardinal Spellman”.
Zerlenga passa dalle radici cattoliche della Sotomayor al discorso di Obama all’università cattolica Notre Dame, che giudica tra i più importanti della sua presidenza. “Le sue parole vanno lette attentamente, specie da chi sostiene che con Obama è arrivato il socialismo”. Zerlenga legge a voce alta il testo: “Obama ha detto ai laureandi che saranno ‘chiamati ad aiutare a restaurare il libero mercato’, vi pare socialismo, questo?”. Il pensatore newyorchese sottolinea anche la natura “spirituale e religiosa” del discorso di Obama, il quale ha sottolineato che la vita è soltanto “un breve momento sulla terra”. Inoltre, non parla di “ateismo”, che è “una definizione cattolica”, dice Zerlenga, ma di “umanesimo”, perché oltre alla religione soltanto “l’umanesimo, per sua natura rispettoso della religione, può essere una risposta al problema della mortalità dell’uomo”. Conclude il prof: “L’ateismo è una cazzata. Così come tutte le dottrine che vogliono distruggere la religione”.
Zerlenga torna sulla scelta di nominare Sotomayor alla Corte Suprema. Una mossa abile da gran politico consumato, spiega, perché “i presidenti sono in campagna elettorale fin dal giorno successivo alla vittoria elettorale” e Obama pensa già al 2012. Con la Sotomayor farà il pieno di voti ispanici, specie se i repubblicani proveranno a bloccare la sua nomina: “Non è cinismo – spiega Zerlenga – è politica, e Obama è un politico”. Non solo. In questo modo, aggiunge Zerlenga, il presidente dimostra che il sogno americano non è ancora finito.
Il prof s’è entusiasmato anche per il discorso di Obama sulla sicurezza nazionale. “Guideremo il mondo”, ha detto Obama, confermando che il presidente è orgogliosodella ricchezza, potenza e forza degli Stati Uniti. “La cosa che gli europei continuano a non capire – dice Zerlenga – è che l’America è un esperimento e che l’obiettivo di chi governa è di battersi per migliorarla: ‘a more perfect union’ dice il preambolo della Costituzione e dice sempre Obama. E’ un esperimento che va perfezionato, passo dopo passo. Noi americani, per fortuna, non abbiamo il concetto di stato monolitico e immobile di tipo europeo”. (chr.ro)
30 Maggio 2009