Al Cav. piace raccontare barzellette. Si diverte a fare battute macabre sui comunisti e gli capita di sdrammatizzare le riunioni politiche con quelle un po’ più spinte. Ogni tanto, si concede perfino il lusso di ironizzare su se stesso e sulla sua onnipotenza.
Tutto molto bello, popolare e antipolitico, ma sarebbe straordinariamente più divertente e civile se il premier istituisse una giornata dell’autoironia allegra e bipartisan come quella che tradizionalmente si concedono i presidenti americani durante la cena annuale con i giornalisti della Casa Bianca e le star di Hollywood.
Sabato è stata la prima volta di Barack Obama, un po’ più impacciato del suo predecessore perché si ferma a ridere alle sue stesse battute, ma il testo faceva molto ridere e non ha risparmiato nessuno. I più colpiti sono stati gli stessi obamiani, ma anche la moglie e le figlie sono state prese in giro.
Le battute più divertenti, Obama le ha rivolte a se stesso, ironizzando sui suoi errori, sul gobbo elettronico che lo assiste nei discorsi e sul suo status di semi divinità tra i giornalisti accreditati. Buone battute anche sugli avversari, spesso molto toste, con i leader repubblicani in sala a ridere e a ringraziare il presidente.
Ecco, sarebbe fantastico se ci fosse anche da noi un momento di serenità gioviale di questo tipo, col Cav. legittimato a concentrare tutte le sue barzellette non solo sui comunisti e sulle ragazze, ma anche su Fede, su Bondi, su tutti quanti, compresa la signora Veronica (con juicio), ma soprattutto su se stesso.
Una battuta, nel caso volesse far divertire il professor Giovanni Sartori, potrebbe rubarla a Obama: “Nei prossimi cento giorni, incontrerò un leader che guida milioni di persone col pugno di ferro, che possiede le televisioni e usa il suo potere per schiacciare tutti quelli che osano sfidare la sua autorità nelle urne elettorali. E’ un piacere vederla, sindaco Bloomberg”.