Camillo di Christian RoccaObama apre l’inchiesta contro la Cia ma certifica legittimità e legalità della guerra al terrorismo di Bush

A leggere i giornali sembra che Barack Obama abbia deciso di perseguire penalmente i responsabili della lotta al terrorismo della precedente Amministrazione e di cambiare radicalmente rotta rispetto al recente passato. Non è così. Bush e Cheney, o le loro politiche, non finiranno alla sbarra. La scelta del ministro della Giustizia, Eric Holder, di nominare un procuratore per indagare su dieci abusi commessi nei primi anni della guerra al terrorismo da agenti della Cia, in realtà legittima l’architettura giuridica costruita da George W. Bush all’indomani dell’11 settembre e certifica che le “tecniche avanzate di interrogatorio” elaborate dai legali di Bush, per quanto non condivise da Obama, fossero perfettamente legali.
Va ricordato, inoltre, che la Casa Bianca ha contemporaneamente ribadito che non mollerà le “extraordinary rendition”, ovvero la pratica di catturare terroristi all’estero e trasferirli in paesi terzi dove le norme sugli interrogatori sono meno rigide. L’America di Obama continuerà a negare l’habeas corpus, qualsiasi diritto processuale, alla gran parte dei detenuti di Guantanamo, un carcere peraltro ancora ben lontano dall’essere chiuso e semmai pronto a essere sostituito con analoghe strutture ad alta sicurezza dislocate in territorio americano. Gli altri prigionieri, invece, saranno trasferiti in paesi stranieri, come aveva cominciato a fare Bush, oppure giudicati in apposite corti militari speciali molto simili a quelle approvate dal Congresso negli anni passati. Poi c’è il caso di Bagram, in Afghanistan, la prigione più dura del complesso militare americano, un “buco nero” a un passo dai campi di battaglia dove sono stati commessi i veri abusi e alcuni detenuti sono entrati vivi e usciti morti, eppure ignorato (e confermato) da Obama. Infine c’è l’uso massiccio dei droni, gli aerei senza pilota che da quando Obama è entrato alla Casa Bianca hanno sganciato 34 missili sul Pakistan provocando centinaia di vittime, anche civili.
C’è chi comincia a chiedersi se sia moralmente più accettabile catturare i capi talebani e interrogarli anche in modo duro, come si faceva prima, oppure ucciderli dall’alto con un missile sganciato da un aereo telecomandato da una base in New Mexico, come si fa adesso. Ma è l’inchiesta annunciata ieri da Holder a tenere banco, assieme alla rivolta della Cia contro la decisione dell’Amministrazione.
L’indagine, affidata da Holder al procuratore federale John Durham, è soltanto “preliminare”. Il compito, cioè, non sarà di stabilire se sono stati commessi reati nella conduzione degli interrogatori, ma se sia davvero il caso di aprire un’inchiesta penale nei confronti dei responsabili dei dieci abusi, un’ipotesi già archiviata ai tempi di Bush e ignorata dal Congresso in modo bipartisan. Il secondo punto, trascurato dai giornali, è quello che ha fatto infuriare le associazioni dei diritti civili, gli intellettuali antibushiani e anche qualche deputato e senatore del Partito democratico: l’inchiesta annunciata lunedì, infatti, non riguarda le linee guida autorizzate dal dipartimento di stato di Bush, cioè non mette in dubbio la legittimità delle “tecniche avanzate di interrogatorio”, tra cui il famigerato annegamento simulato (waterboarding), ma dovrà concentrarsi soltanto su questi dieci singoli abusi “che non hanno tenuto conto o sono andati oltre le disposizioni dettate dagli uomini di Bush. Obama è stato chiarissimo: “Coloro che hanno agito in buona fede e all’interno delle linee guida (di Bush, ndr) non dovranno essere perseguiti”. Per il resto ha mantenuto un profilo bassissimo e ha spiegato che si tratta di un’iniziativa del suo ministro.
L’apertura dell’inchiesta preliminare nasce dalle raccomandazioni di un comitato etico della Giustizia a proposito di un rapporto interno del dipartimento del 2004, ma reso pubblico l’altroieri in seguito a una richiesta di un’associazione dei diritti civili. Gli abusi in questione sono minacce con pistola e trapano elettrico puntati alla tempia, ma nel primo caso il responsabile è stato già punito. Ancora: minacce di uccidere i figli o di stuprare la madre di Khalid Sheikh Mohammed, l’ideatore dell’11 settembre, nel caso di un’altra strage in America; finte esecuzioni nella stanza accanto; pressione manuale sulla carotide fin quasi allo svenimento del detenuto; getto di fumo del sigaro in faccia; strofinio del corpo con spazzole dure; posizioni stressanti; uso smodato, in violazione delle norme di Bush, del waterboarding; e un caso in cui l’agente della Cia si è messo in piedi sulle catene legate alle caviglie del prigioniero.
Il rapporto aggiunge che da questi interrogatori sono state ottenute informazioni fondamentali per identificare altri terroristi e fermare altre stragi. Non solo: il rapporto spiega che i detenuti hanno cominciato a fornire le informazioni più importanti soltanto dopo essere stati sottoposti a interrogatori brutali, non prima.
Il nuovo direttore della Cia Leon Panetta – nominato da Obama per guidare l’intelligence, ma pare già pronto a dimettersi più per la decisione di Holder di avviare l’inchiesta che per la scelta della Casa Bianca di affidare all’Fbi gli interrogatori dei superterroristi – ha difeso l’Agenzia, ricordato che le accuse sugli abusi erano state già archiviate dai legali di carriera, non politici, della precedente Amministrazione e pure dalle commissioni del Congresso e, soprattutto, ha confermato che “una cosa è chiara: da questi detenuti la Cia ha ottenuto informazioni che prima non aveva”. Magari non era questo il modo di ottenerle, ma in quelle vorticose settimane post 11 settembre il risultato è stato raggiunto. Panetta, infine, ha tolto il segreto a quei due rapporti che da mesi chiedeva l’ex vicepresidente Dick Cheney. Le tecniche avanzate di interrogatorio, si legge in uno dei due, “sono un pilastro cruciale dell’azione antiterrorismo degli Stati Uniti, perché hanno aiutato a sventare numerosi piani d’attacco”.

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