Il meglio della produzione vinicola italiana, e una selezione di quella mondiale, sono in mostra a Verona da giovedì 7 a lunedì 11 aprile. È il Vinitaly, ormai divenuto un punto di riferimento d’obbligo per chi si occupa di enologia. Ma, prendendola molto alla larga, forse il Vinitaly nemmeno esisterebbe se nella secolare contrapposizione tra chiesa cattolica celtica e mediorientale, non avesse trionfato quest’ultima.
Se nel calice del celebrante c’è vino e non sidro, se la mela è il frutto proibito che Eva sporge ad Adamo, lo si deve al fatto che in questo modo si ribadisce l’origine siriaco-palestinese del cristianesimo che noi oggi conosciamo. Il vino nasce nella regione del Caucaso, si diffonde in Medio Oriente prima dell’avvento dell’islam, la vite è una pianta che ha bisogno di sole e di caldo, tanto che nell’Europa continentale esiste una “linea della vite”, ovvero un confine immaginario a settentrione del quale la pianta non cresce più (si è spostato nei secoli, ora corre più o meno all’altezza dello Champagne). I monaci irlandesi (l’isola viene cristianizzata da San Patrizio nel 431) non hanno vino per dir messa e usano quello che si può trovare a quelle latitudini, ovvero il sidro, dato dalla fermentazione delle mele.
Il monachesimo irlandese si espande in Scozia e poi in Europa continentale durante i regni merovingi. In Francia e Germania aprono numerosi monasteri “scoti”, come venivano chiamati, ed è inevitabile che a Roma i religiosi di origine celtica si scontrino con quelli di origine mediorientale, col cristianesimo degli anacoreti e degli stiliti, ovvero con il cristianesimo figlio della vite che usa il vino durante la messa.
L’espansione del monachesimo scoto continua fino circa al Mille, poi declina (l’ultimo monastero irlandese in Germania viene soppresso nel 1862). Sostanzialmente, quindi, l’uso del vino e l’identificazione del frutto proibito con la mela (nella Bibbia non si specifica quale sia il frutto del male) sarebbero un imposizione del vincitore sul vinto, dell’anima mediterranea della Chiesa su quella del mare del Nord.
Come sempre accade in questi casi, l’interpretazione non è universalmente accettata, c’è chi ritiene, molto più semplicemente, che la mela sia diventata il frutto proibito perché in latino si dice “malum”, ovvero lo stesso termine utilizzato per dire “male”. Comunque si può pensare che se invece di san Simeone lo stilita alla fine avesse trionfato san Colombano, adesso avremmo il Sidritaly e il sabato sera berremmo lo spritz fatto col sidro anziché col vino bianco.
6 Aprile 2011