La SmorfiaFenomenologia della Monnezza

“La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiam...

La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche che dall’ultimo modello d’apparecchio.Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate,giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie,pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l’espellere,l’allontanare da sé, il mondarsi d’una ricorrente impurità

(da: Italo Calvino – Leonia – “Le città invisibili”)

Quando, ad ottobre 2010, Alessio, Arianna ed io decidemmo di fare un inchiesta giornalistica sui problemi delle discariche alle pendici del Vesuvio, non avevamo idea di cosa ci attendesse.

E non perché fossimo benpensanti o impreparati. Tutti e tre napoletani. Veraci.
Abituati alla “questione meridionale”, al terzo mondo, alla emergenza continua.
E neanche per la dimensione del problema.
Semplicemente perché la realtà, alcune volte, supera la fantasia.

Inizialmente, il nome che avevamo dato al progetto di inchiesta era “Discariche sul Vesuvio: pericolo per la salute – facciamo informazione”.
Un progetto finanziato “dal basso” attraverso il crowdfunding di Youcapital.it.
E il titolo dava anche una spiegazione chiara su quello che voleva essere l’ obiettivo: erano i giorni difficili della emergenza rifiuti a Napoli ed il governo, in vista della saturazione della cava “SARI”, tra Terzigno e Boscoreale, alle falde del Vesuvio, si predisponeva all’ apertura di una altra discarica, la cava “Vitiello” che sarebbe divenuta, se fosse stata attivata, la più grande discarica a cielo aperto d’ Europa. Il tutto all’ interno del Parco Nazionale del Vesuvio, area protetta e inserita nel 1997, nella rete delle riserve mondiali della Biosfera (UNESCO).

Doveva quindi essere un documento-testimonianza sull’ uso improprio di quelle aree destinate a divenire discariche. Ma quando salimmo sul Vesuvio ci rendemmo conto che le discariche “istituzionali” erano forse un problema secondario.
Perché, come emerge dalla documentazione raccolta, tutta l’ area del Parco Nazionale del Vesuvio è una enorme discarica a cielo aperto.

Triste, ma vero.
L’ inchiesta fu pubblicata il 12 ottobre su Espresso online con il titolo “Discarica Vesuvio”.
La cosa che più ci lasciava sconcertati era la impossibilità a discernere, nella commistione di interessi economici, camorra, politica, dove fosse il bene e dove il male. Ovvero tra le persone che manifestavano, gli amministratori e politici, c’ era anche chi aveva ceduto la propria terra alla camorra. Per seppellire rifiuti tossici e, poi, piantarci sopra le piante di nocciole i cui frutti, si racconta nella zona, vengono venduti ad importanti multinazionali alimentari.
O chi, soccombente di fronte alle forze del potere, aveva semplicemente “lasciato fare”.

Fatto è che alla fine abbiamo documentato decine di discariche abusive, l’ amianto abbandonato per strada, la catastrofe divenuta normalità.

E in questi giorni, a Napoli, siamo nuovamente in emergenza immondizia: si dice da queste parti che il motivo reale sia l’ approssimarsi delle elezioni amministrative.

Come accaduto nel 2008, per le elezioni politiche. Quando, mentre le immagini della spazzatura di Napoli giravano il mondo, un governo cadde ed un altro, promittente immaginifiche soluzioni al problema, fu instaurato.

Perché ci sia un salvatore c’è bisogno di qualcuno da salvare…

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