Dopo l’incidente di Chernobyl del 1986, di cui oggi si celebra l’anniversario, la centrale fu rinchiusa in un sarcofago le cui condizioni, attualmente, sono ben diverse da come le descrivono.
Il pericolo maggiore è proprio all’interno del sarcofago, dove c’è una strana stalagmite chiamata “piede d’elefante” che si estende per diversi piani, costituita dai resti del nocciolo del reattore, fuso con il calore dell’esplosione e solidificatisi e formato da isotopi dell’uranio, plutonio, cesio ed altri elementi radioattivi.
La stalagmite si sta polverizzando e potrebbe crollare da un momento all’altro, facendo collassare il sarcofago.
Inoltre, all’interno dello stesso sarcofago, ci sono ancora 180 tonnellate di materiale radioattivo costituito prevalentemente da uranio, plutonio e cesio: un suo crollo sprigionerebbe nell’aria tonnellate di polvere radioattiva che causerebbe un’altra Chernobyl di pari livello, se non superiore, a quella del 1986.
Il sarcofago ha, infine, numerose crepe da cui escono polveri, gas e acqua radioattive e dalla base del reattore gli isotopi radioattivi fuoriescono con le infiltrazioni d’acqua e vengono riversati, attraverso le falde acquifere, nel vicino fiume Pripyat, affluente del fiume Dnepr.
Insomma, a 25 anni dal disastro nucleare avvenuto in Ucraina, la centrale ha urgentemente bisogno della costruzione di un “nuovo” involucro protettivo, dato che il vecchio versa ormai in condizioni pessime, e per questo sono stati raccolti già 550 milioni di euro dei 750 necessari .
Da parte sua, l’Unione Europea ha deciso di contribuire con 110 milioni di euro.
Questo, per chiarire le idee, a chi insiste nel dire che è possibile mettere la parola fine quando si parla di incidente nucleare.
Invece, un testo decisamente da consigliare a tutti quei burocrati che stanno attualmente promuovendo l’energia nucleare come unica “soluzione” per il cambiamento climatico e l’approvvigionamento energetico, è Chernobyl: consequences of the catastrophe for people and the environment (Chernobyl: conseguenze della catastrofe per le persone e l’ambiente).
Sapientemente tradotto in inglese da Janette Sherman, medico tossicologo e professore associato presso l’Istituto Ambientale alla Western Michigan University, il testo traccia la storia delle conseguenze sanitarie e ambientali del disastro di Chernobyl.
La pubblicazione degli Annali della New York Academy of Sciences di Alexey Yablokov, Vassily Nesterenko, e Alexey Nesterenko, raccoglie le informazioni contenute in più di 5000 articoli e i risultati di varie ricerche (fino a un certo punto per lo più disponibili solo all’interno dell’ex Unione sovietica o dei paesi dell’Est e non accessibili in Occidente) che smentiscono le cifre e le ricostruzioni “consolanti”, fatte circolare da diversi rapporti prodotti dall’Ocse e dall’Iaea, sulle “poche migliaia” di decessi che si sarebbero avuti in seguito alla tragedia nucleare e parlano piuttosto di un “milione” di persone morte a causa dell’incidente nella centrale del reattore ucraino.