La Deepwater Horizon era una piattaforma petrolifera, di proprietà dell’azienda svizzera Transocean, la più grande compagnia del mondo nel settore delle perforazioni off-shore.
Affittata alla multinazionale British Petroleum, il 20 aprile 2010, durante le fasi finali di realizzazione di un pozzo nelle acque profonde del Golfo del Messico , vi si è verificata un’esplosione che ha provocato un incendio ed innescato un’immensa fuoruscita di petrolio dal fondale marino, che ha portato a gravissime conseguenze ambientali nel Golfo del Messico, particolarmente per le coste della Louisiana.
In seguito all’esplosione, 115 dei 126 uomini a bordo sono riusciti ad evacuare l’impianto (17 di loro hanno riportato ferite) mentre 11 (contati come dispersi e non più ritrovati, nonostante tre giorni di pattugliamento dell’area, da parte della guardia costiera) sono deceduti.
Nonostante gli sforzi profusi, è risultato impossibile domare le fiamme e il 22 aprile 2010 la struttura della Deepwater Horizon è collassata mentre una seconda esplosione ne ha causato l’affondamento.
Ad un anno dalla catastrofe, il direttore esecutivo di Sierra Club ( la più grande associazione ambientalista statunitense), Michael Brune, ha detto che non molto è cambiato per le Big Oil: i dirigenti petroliferi e le loro lobbies stanno rastrellando milioni in bonus per il loro “anno migliore” e fanno lobbying al Congresso per aprire ancora di più il suolo e le acque americane a perforazioni rischiose e pericolose.
Greenpeace Usa ha chiesto invece, fortemente, di porre fine a tutte le nuove trivellazioni e di istituire nuove riserve marine.
Intanto, un vero “scaricabarile” sta caratterizzando la battaglia legale per accertare le responsabilità del disastro ambientale avvenuto un anno fa nel Golfo del Messico.
La BP si è accordata con il governo americano per un fondo risarcimento alle vittime per complessivi 20 miliardi di dollari, ma i danni del disastro ambientale sono impossibili da calcolare né riparabili.
A fronte del ripetersi d’immani disastri ambientali, molti dei quali preannunciati (Bhopal, Chernobyl, reiterati incendi dolosi, danni agli ecosistemi marini causati da petroliere fuori norma, come è accaduto nel Lambro, Fukushima solo per fare qualche esempio) resta assolutamente prioritario il Riconoscimento del Disastro ambientale quale crimine contro l’Umanità.