Una panchina, un libroDe senectute senza tristezza

Diana Athill, Da qualche parte verso la fine, Rizzoli, 2010 "Ben pochi eventi della mia vita sono stati decisi da me. La mia istruzione, dove ho abitato, perché non mi sono sposata, come mi sono gu...

Diana Athill, Da qualche parte verso la fine, Rizzoli, 2010

Ben pochi eventi della mia vita sono stati decisi da me. La mia istruzione, dove ho abitato, perché non mi sono sposata, come mi sono guadagnata da vivere: tutte queste cose cruciali mi sono successe, non le ho fatte accadere io”. Diana Athill, editor e scrittrice inglese, ha oggi 93 anni e l’anno scorso ha dovuto prendere forse la più importante decisione della sua vita. Infatti “Non avevo realizzato fino a ora che da un giorno all’altro una persona anziana può perdere la propria autonomia – può arrivare allo stadio di richiedere di essere assistita.”
E così è successo che l’autrice di questo piccolo e affascinante libro di “lezioni di vecchiaia” , assurto fra i bestseller nel 2008, si è arresa all’inevitabile scambio: meno indipendenza per più sicurezza. Così ha lasciato la sua bella abitazione di Londra, la sua terrazza-giardino, per entrare in una casa di riposo, dove, contrariamente alle previsioni, ha trovato, grazie al suo innato ottimismo, un nuovo equilibrio, in attesa di pubblicare ( a ottobre) un altro libro per farci capire che siamo tutti sempre “da qualche parte verso la fine”.
La vecchiaia oggi non è più tabù letterario: di libri sull’argomento se ne scrivono tanti come dimostrano gli ultimi romanzi di Philip Roth, per citare un esempio lampante. E’ difficile però imbattersi in qualcosa che non dipinga la vecchiaia come la peggiore delle condizioni umane, ingiusta quanto ineluttabile. Cosicchè leggere Everyman di Roth dopo i quaranta richiede una buona dose di Xanax preventivo. Non che Athill si faccia grandi illusioni sull’argomento. La vecchiaia è il declino e nessuno dei tanti luoghi comuni, tipo “la saggezza degli anziani”, può costituire una consolazione efficace. La vecchiaia verrà, God willing, e porterà con se tante “cose noiose” come Athill ha eufemisticamente affermato in una intervista del 2009. Ma senza dubbio c’è modo e modo di digerirla e questa bella signora inglese è un esempio di come la si possa prendere a basso tasso di angoscia, con una buona dose di capacità di adattamento e un pizzico di fortuna.

Perché Athill è una persona fortunata – e non ce lo nasconde. Ha avuto una carriera di successo come editor di una piccola ma rinomata casa editrice londinese, dove ha lavorato fino alla bellezza dei settantacinque anni . Non si è mai sposata né ha avuto figli, ma, anche grazie al lavoro, ha goduto di una vita intensa dal punto di vista culturale, sociale e, non ultimo , sessuale. Grande lettrice di professione, ha sviluppato una buona capacità di scrivere , vale a dire un talento creativo, che, per sua stessa ammissione, è una straordinaria risorsa anti-età. . A parte una naturale riduzione dell’energia e della mobilità, non è stata afflitta da invalidità o malattie croniche e neppure dai fastidi più tristi del decadimento fisico. E il suo cervello, come questo libro dimostra, funziona a meraviglia.

Athill non ha quindi la pretesa di offrire ricette valide per tutti con cui affrontare la “fase di decadimento” ma riflette a voce alta su una varietà di temi, grandi e piccoli, che hanno influito e influiscono sul suo percorso “verso la fine”: sessualità, religione, morte, amicizia, fino alla bellezza del giardinaggio e la felicità di guidare l’auto alla sua età. E per chi è approdato alla vecchiaia in condizioni altrettanto fortunate o chi sta ancora traguardando quella meta, la sua visione della vita è non solo istruttiva ma molto divertente.
.
Alcune citazioni:

La cura di sé: L’aspetto esteriore è importante per noi donne di una certa età, non tanto perché speriamo di far colpo sugli altri, quanto per l’immagine che vediamo riflessa quando ci guardiamo allo specchio. E’ improbabile che qualcun altro noti il naso rosso e lucido di un viso attempato, o si accorga dei capillari dilatati sulle guance ma di certo lo farà la proprietaria di quel viso…

La fedeltà coniugale: La fedeltà non rientra tra le mie virtù preferite…Ebbene sì, ci sono cose, fra cui le infedeltà sessuali, che non fanno male se restano sconosciute, o al massimo sono conosciute e accettate. Quale sia l’alternativa preferibile dipende dai singoli individui e dalle circostanze in cui si trovano. Se fossi costretta a scegliere tra la convinzione estremista che una moglie infedele, a meno che non paghi con la sua stessa vita può disonorare un’intera famiglia e l’atteggiamento, spesso attribuito ai francesi, per cui l’infedeltà sessuale, benché tutt’altro che ammirevole, è assolutamente accettabile se ben gestita, non avrei alcun dubbio: vive la France!

L’ateismo: Forse è intellettualmente poco interessante credere che la natura dell’universo sia molto al di là della nostra portata, non solo da parte nostra come individui ma anche come membri di una specie; ma dal punto di vista emotivo o poetico, a me sembra di gran lunga più entusiasmante e più bello che indirizzare una generosa porzione della nostra ingegnosità verso l’invenzione di favole.

La morte della madre: Poi dopo un lungo sonno, ha girato appena la testa e ha detto: “Ti ho raccontato che la scorsa settimana Jack mi ha accompagnato al vivaio, per comprare l’eucalipto?”. Anch’io amavo quel vivaio e il tragitto in mezzo alla campagna che conoscevamo entrambe da una vita. “Mi avevi accennato che voleva portarti” ho detto “Ti sei divertita?” Ha risposto sognante – le sue ultime parole prima di riabbandonarsi al sonno da cui non si è svegliata: “E’ stato assolutamente divino”.

I giovani: Mi sembra comunque che la gioventù di oggi sia più evoluta di quanto fossi io e che molti ragazzi …si relazionino con i loro anziani molto più facilmente di quanto non facessimo noi; sono convnita però che da loro non bisognerebbe mai pretendere che vogliano tenerci compagnia, né richiedergli cose che si chiedono normalmente a un amico della propria età. Meglio godersi qualsiasi cosa abbiano la generosità di donare, e accontentarsi.

L’auto: Ecco allora che l’auto diventa sinonimo di vita. Ci si avvicina barcollando, ci si infila dentro con fatica dal lato del conducente – et voilà! Tutto torna normale. Si sfreccia via come chiunque altro…

Le ultime parole: Quello che invece mi piacerebbe dire è : “ Va bene così. Non mi importa di non sapere”. E per quanto possa sembrare sciocco, confesso di continuare a sperare che l’occasione giusta per quella frase non si affretti troppo a venire.

.

X