Il cammello, l'ago e il mercatoper la democrazia: 4 hurrà da Milano

    L'11 maggio ho postato qui un commento intitolato “Il bancomat di Letizia e le tasche dei milanesi”, che chiudeva così: “Se le tasche dei cittadini, svuotate di nascosto da questi giochi di pre...

L’11 maggio ho postato qui un commento intitolato “Il bancomat di Letizia e le tasche dei milanesi”, che chiudeva così: “Se le tasche dei cittadini, svuotate di nascosto da questi giochi di prestigio, sono invece piene di questa politica, lo sapremo il 16 maggio”. Bene, lo abbiamo saputo: i milanesi ne hanno piene le tasche.

Scrivendo quel testo, ancora non sapevo del falso scoop su Pisapia ladro, che Letizia Moratti ha tentato di propalare, per di più approfittando slealmente del fatto che parlava per ultima.

Ora i risultati del primo turno sono noti, e quello di Milano- comunque la si pensi politicamente, e quale che sia l’esito del ballottaggio- ci dà quattro buone notizie, un quadruplice hurrà, in crescendo, per la democrazia.

Primo hurrà: dopo 18 o più anni di dominio della destra, la città, che di salute non sta bene, si rivolge fiduciosa all’altra parte, sperando che abbia la voglia e la capacità di avviarne il rilancio, sottraendola alla morsa della speculazione immobiliare che oggi la soffoca.

Secondo hurrà: esistono anche leggi elettorali, come quella per i grandi Comuni, che facilitano, con il doppio turno e la possibilità del voto disgiunto, la scelta degli elettori. Sarebbe una campana a morto per il Porcellum, ma conoscendo i nostri polli, il governo ne trarrà motivo per avversare ancor più duramente il doppio turno. Questo sistema non è- come crede Berlusconi- favorevole alla sinistra, ma semplicemente adatto ad un paese molto frazionista e individualista.

Terzo hurrà: i soldi non sono tutto. Un sindaco in carica, ricchissima di famiglia (acquisita) può prendere sonore legnate, e probabilmente perdere, nonostante il parentado abbia impegnato cifre ancora ignote ma certo ingenti per agevolare il suo successo. Quanto? Interpellata, Letizia Moratti ha detto quieta che ancora non lo sa; vuol dire che c’è qualcuno che alla fine paga a piè di lista, senza aver posto in via preventiva alcun limite. Pisapia aveva a disposizione più o meno un milione di euro, lei pare ne abbia impegnato una ventina, il che pare probabile se si pensa alla città tappezzata di suoi manifesti affissi ovunque, anche abusivamente, e alla sua presenza in radio e Tv, spot inclusi. Buttare nella fornace 20 e prenderle da chi ha messo 1 non fa un bel vedere per nessuno, figuriamoci per il marito, Giammarco Moratti, che rischia di vedersela tornare a casa e disoccupata.

Quarto e finale hurrà: i metodi messi in campo dal berlusconismo al tramonto non pagano. Non paga la slealtà, non pagano le bugie, le forzature, i messaggi osceni come i manifesti “Via le BR dalle procure” (ma quale ignoranza della storia d’Italia mostra chi ha scritto questa bestemmia?) non paga affidarsi ai consigli di Daniela Santanchè o dell’aspirante maestrina Maria Stella Gelmini (il ministro dell’Istruzione e dell’Università che ha fatto l’esame di abilitazione per avvocato in Calabria anziché nella sua Brescia) o del direttore del Giornale di famiglia. Non paga candidarsi a far parte del Consiglio Comunale facendo il presidente del Consiglio.

Paga invece il contrario. Paga la civiltà, pagano il ragionamento, l’onestà, la lealtà. Paga il lavoro sul terreno, presso la gente, e non presso i salotti. Pagano così tanto da consentire ad un candidato che viene da una storia di sinistra, e che dice cose di sinistra, di battere nettamente il Sindaco in carica di una città come Milano. Purtroppo per lei, Letizia Moratti, onusta di soldi, ha trascurato, per inseguire il successo, le regole di base di una società civile come l’Italia (Milano compresa) ancora è. Nonostante Berlusconi, Moratti, Bossi e compagnia cantante credano- o forse credessero- di averla soggiogata. La civiltà non ha ancora vinto, ma la slealtà, la scorrettezza, il teatrino della politica, e i soldi, hanno già perso.

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