Una panchina, un libroQuesto Finkler, un vero enigma

Howard Jacobson, L'enigma di Finkler, Cargo, 2011 Missione difficile, quella di recensire per i lettori italiani il vincitore del Man Booker Prize 2010. Infatti con The Finkler Question - appena us...

Howard Jacobson, L’enigma di Finkler, Cargo, 2011

Missione difficile, quella di recensire per i lettori italiani il vincitore del Man Booker Prize 2010. Infatti con The Finkler Question – appena uscito in Italia per l’editore Cargo – l’inglese Howard Jacobson ha scritto un romanzo destinato soprattutto ai suoi connazionali, in particolare agli appartenenti alla comunità ebraica o quantomeno agli inglesi più consapevoli del travaglio spirituale degli ebrei nel Regno Unito – un paese in cui l’irrigidimento della politica di Israele nei confronti dei palestinesi, oltre a alimentare episodi di anti-semitismo e di intolleranza, ripropone con forza la questione dell’ identità ebraica. E’ la prima volta che il prestigioso riconoscimento letterario viene assegnato a un romanzo umoristico, campo in cui si sa, gli inglesi eccellono. Ma l’innegabile comicità ebraico-inglese (un mix fra Woody Allen e Evelyn Waugh) non aiuterà molto il pubblico del nostro paese, per il quale temo che il libro rimarrà quel che dice il titolo italiano: un enigma.
Veniamo alla trama. La storia si incentra sull’amicizia tra tre uomini “soli”, uno scapolo per elezione e due rimasti recentemente vedovi.Siamo naturalmente a Londra. Il protagonista è Julian Treslove, un personaggio abbastanza inverosimile: di origini medio-borghesi, un intellettuale mediocre , che, dopo aver infelicemente prestato servizio alla BBC , si accontenta di lavoretti qua e là, da ultimo impersonando personaggi del cinema ai compleanni (somiglia a Brad Pitt); oltre la quarantina, Julian non si è mai sposato ma ha avuto molte donne dalle quali viene inevitabilmente lasciato, per lo più per noia. In seguito a un’assurda aggressione notturna da parte – appunto- di una donna, questa volta sconosciuta, ma forse motivata da anti-semitismo mal riposto, il sogno di Treslove è diventare ebreo. Francamente l’autore non ci aiuta a comprendere a fondo le ragioni di questa folgorazione. Salvo il fatto che sono ebrei i due migliori amici di Treslove: il novantenne professore di storia Libor Sevik, cecoslovacco emigrato in Inghilterra, e Samuel Finkler, esuberante scrittore di successo, così tanto ebreo da essere un pilastro degli Ashamed Jews – un’associazione che riunisce intellettuali ebrei anti-sionisti e anti-Israele.
C’è molto humour ebraico – forse l’aspetto più convincente del romanzo – che ci ricorda il primo Roth nell’incessante analisi di ciò che costituisce l’identità ebraica, vale a dire l’essenza dell’essere ebrei, le abitudini, i tratti,le qualità e, soprattutto, i difetti – così come solo uno scrittore ebreo può efficacemente mettere in luce. Agli occhi di Treslove, Finkler rispecchia talmente lo stereotipo dell’ ebreo che il termine finkler nella narrazione spesso sostituisce la parola ebreo. Di qui il titolo originale The Finkler Question che, per tenere conto del gioco di parole, poteva forse essere meglio tradotto in La questione Finkler, vale a dire, come si possa essere anti-Israele senza essere anti-semiti – una questione molto complicata, tanto più se si è ebrei.

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