L’otto è un numero interessante. Per l’orientale è di buono auspicio (le olimpiadi di Pechino sono iniziate l’8 agosto del 2008). Per il matematico è la trasposizione verticale dell’infinito. Per Vittorio Sgarbi rappresenta il suo fallimentare esordio su RaiUno. La rete di Antonella Clerici e Terence Hill non può permettersi gli stessi ascolti che per la7 sono un record.
Sulla chiusura del programma di Sgarbi vale la pena ragionare per capire come stanno cambiando i telespettatori. Agli utenti di oggi non è sufficiente proporre un contenuto sulla carta vincente (Sgarbi pare che sia in grado di risollevare le sorti dei talk show in crisi). Ai consumatori di cultura di oggi gli autori devono garantire una costruzione narrativa forte. L’elemento elenco ha permesso alla coppia Saviano-Fazio di traghettare il pubblico di RaiTre dalla nicchia al pop.
L’incapacità narrativa dell’ex sindaco di Salemi non è stato il suo unico punto debole. Sgarbi non ha rispetto per il proprio pubblico. Durante la conferenza stampa indetta per spiegare la chiusura dello show ha ribadito più volte che la colpa è del pubblico che non l’ha capito. Da quando la rete è diventata il nuovo mass media, quello all’ennesima potenza, sono aumentati i contenuti di qualità. Le produzioni dal basso, finanziate dagli utenti, hanno garantito a tutti i divulgatori culturali seri uno spazio per potersi esprimere. Prima o poi anche le casse di mamma Rai saranno secche. Il bilancio 2010 ci dice che quel giorno è più vicino di quel che si pensa. Una volta la tv era il Fatto di Biagi, oggi è un passivo di 98 milioni di euro.