La mediatizzazione è onnipresente in ogni esperienza culturale. Lo suggeriva già nel 1999 J. Tomlinson in Sentirsi a casa nel mondo, ma oggi è ancora più vero perché la mediatizzazione delle transazioni, delle relazioni e del condividere sociale è ancora più generalizzata, ed è ancor più causa (ed insieme effetto) della globalizzazione.
A questa condizione culturale è legato il concetto di deterritorializzazione, intesa come la proliferazione di esperienze culturali translocalizzate. Il concetto di deterritorializzazione viene spesso percepito con accezione negativa, se non apocalittica, come abbandono del territorio, omologazione globalizzata o marketizzazione della cultura. Può anche essere inteso però come il superamento dei limiti spaziali e culturali, come elemento di potenzialità di transizioni, collaborazioni e dinamiche organizzative non più in base ai confini di luoghi territorialmente delimitati ma in relazione a flussi di comunicazione e condivisione.
La diffusione del web, come tecnologica e soprattutto come pratica di comunicazione e condivisione ha partecipato alla rielaborazione di molti modelli di interazione sociale al di là del senso del luogo. Non è più ormai sempre necessario essere in luoghi precisi e definiti per esercitare l’azione comunicativa, produttiva ed organizzativa. E Il web, nella sua attuale evoluzione, non è più soltanto una tecnologia di comunicazione, ma un vero e proprio ecosistema informativo, culturale ed economico che forza e supera i limiti spaziali.
Il concetto di deterritorializzazione si riferisce ad un cambiamento culturale, dunque. Ma ciò non vuol dire che questo cambiamento debba considerarsi automaticamente un processo evolutivo “disancorato”, quanto piuttosto l’inserimento di nuovi elementi nella cultura di un luogo. Paradossalmente, infatti, le spinte che operano in direzione delle deterritorializzazione vengono bilanciate da forze opposte che avviano il processo inverso di riterritorializzazione. Forze che permettono di trarre nuove identità e significati. Per cui elementi culturali e simbolici, pratiche sociali, economiche e organizzative appresi dall’incontro/confronto con altre comunità vengono assorbite e re-interpretate nel e sul territorio. Processo quindi non di impoverimento delle interazioni culturali radicate, quanto piuttosto (almeno potenzialmente) una rivitalizzazione ed una trasformazione prodotte sia a livello simbolico (l’immagine e l’immaginario dei luoghi) che sul piano delle attività (nuove iniziative, cambiamento organizzativo, strategie innovative, collaborazione).
Il web è dunque anche veicolo e catalizzatore di dinamiche di reterritorializzazione, così come lo è di deterritorializzazione. Esso partecipa infatti alla ridefinizione dell’idea di produzione e fruizione culturale, ma anche del concetto di bene culturale territoriale che viene adesso detradizionalizzato perché accostato, intrecciato e fuso con elementi altri.
Le tecnologie sociali, infatti, non solo estendono le reti di interazione interpersonale ma pervadono anche l’ambiente fisico, supportando nuovi modi di interagire con il territorio. Introdurre o rafforzare un senso del luogo attraverso le tecnologie sociali significa creare un rapporto vivo e sostenibile con il patrimonio territoriale in spazi di comunicazione e interazione capaci di sostenere nuove forme di coinvolgimento con le componenti ambientali e sociali del territorio. La tecnologia, infatti, partecipa sempre più spesso all’attività del ridisegnare gli spazi pubblici. Le frontiere delle propria città si estendono adesso sui social media, per mezzo di smartphone, di mappe interattive, di servizi geolocalizzati, della realtà aumentata, come l’utilizzo dei codici Qr su edifici e monumenti, favorendo pratiche di condivisione di immagini e video, e di mappatura collaborativa o di reportage amatoriale.
Promuovendo una cultura della partecipazione, le tecnologie sociali creano dunque infrastrutture di comunicazione e interazione che agiscono come luoghi di produzione culturale e di creazione di valore. L’interesse per la città è ciò che accomuna tutte queste iniziative. E la provocazione è spesso un ingrediente fondamentale di una rivisitazione ludica del territorio, per richiamare l’attenzione e cambiare la percezione dei cittadini. Si pensi per esempio a tipologie di gioco urbano pervasivo di recente sviluppo che hanno in comune l’utilizzo creativo dello spazio pubblico, attraverso l’uso di diverse piattaforme tecnologiche (a Milano, per esempio, è attivo il collettivo CriticalCity, criticalcity.org) e l’urgenza partecipativa all’atto ludico, per riappropriasi dello spazio pubblico e l’uso consapevole del territorio come area o mappa da ri-elaborare.
Gli esempi di utilizzo del web per la riterritorializzazione sono molteplici e variegati, sia livello internazionale che italiano. Sono numerosi i progetti che utilizzano il web e i social media per favorire lo sviluppo della città e delle sue comunità, per generare innovazione partendo dalle risorse materiali, e non, e per far sì che le città vivano e si rinnovino attraverso la pluralità d’identità che la abitano, attraverso scambi culturali di arricchimento reciproco.
Per l’Italia si possono citare gli esempi di Torino, dove un museo “virtuale”, grande quanto l’intera città, permette di percorrere online lo spazio urbano, seguendo percorsi a tema e aggregando informazioni sui luoghi navigando la cartina interattiva (www.museotorino.it). A Torino è attivo anche SanpaBlog, progetto simile a quello di Manchester citato sopra. L’obiettivo finale è che siano le stesse comunità, organizzate in gruppi di community reporter, a produrre i contenuti di interesse condiviso. Il mezzo è quello di fare rete tra i vari attori locali, favorendo l’interazione tra gli abitanti, le associazioni, i politici, fornendo uno spazio di pratica di cittadinanza. SanpaBlog è il blog del quartiere, San Paolo Cenesia, con un passato industriale ed un presente da reinterpretare. Le pratiche di partecipazione (creazione di contenuti da parte degli abitanti del quartiere) tracciano un percorso di ri-acquisizione della memoria storica come valore del territorio. E numerosi sono anche gli interventi sui problemi del quartiere seguiti da azioni ed interazioni anche fuori dallo spazio online che accrescono le capacità di espressione e di fare rete.
Gli esempi citati utilizzano il web e i social media come strumento e pratica di partecipazione e innovazione per la crescita del capitale sociale delle comunità urbane e dei loro quartieri. Le tecnologie digitali e le pratiche partecipative regalano al pubblico sorprese e re-interpretazioni originali degli spazi, attraverso iniziative che vanno dalle narrazioni collettive, agli urban game, ad iniziative che si propongono di trasformare i luoghi animandoli ed offrire esperienze condivise, accesso a servizi o uno sguardo alternativo sulla città, per tornare a dare un significato a spazi che lo hanno perso. Attività che possono favorire la pianificazione di realtà distrettuali, di azioni di marketing territoriale o di produzione culturale.