La notizia é di oggi. E’ stato aperto un processo per i cinque blogger emiratini in carcere da due mesi, prima con l’accusa di possesso di alcol (per Ahmed Mansoor), poi con quella di “insulti ai politici e minaccia alla sicurezza dello Stato” (per il professore Nasser Bin Ghaith, lo scrittore Fahd Salem, gli attivisti per i diritti umani Hassan Ali Al Khamis e Ahmed Abdul Khaleq). I cinque avevano chiesto al Governo, insieme a un centinaio di cittadini, maggiore democrazia nel Paese.
Il processo é a porte chiuse, peró. Non é molto, ma é già un passo avanti per come vanno in genere le cose in questa zona del mondo. Minacce, arresti arbitrari e perquisizioni da parte della polizia segreta sono all’ordine del giorno non solo negli Emirati.
In Kuwait la scorsa settimana é stato arrestato un blogger, Nasser Abul, che attraverso Internet ha criticato la politica repressiva in Arabia Saudita. Stessa cosa in Bahrain, dove nonostante la violenza contro i manifestanti, tutti i cittadini continuano a comunicare via Web. L’ultima notizia é di una giovanissima poetessa, appena 20 anni, punita con un anno di carcere per avere scritto versi critici contro la famiglia reale. Ayat Al Qurmezi, questo il suo nome, é la prima donna condannata dal Tribunale speciale istituito in Bahrain per giudicare i manifestanti. Tra i capi di accusa c’è anche “incitamento all’odio”.
La prossima udienza per i cinque emiratini, invece, é il 18 luglio. Intanto, mentre di fronte al Tribunale un centinaio di cittadini filo governativi hanno urlato “Siamo tutti Khalifa” e hanno accusato i blogger di essere dei traditori, Human Rights Watch chiede di nuovo al Governo la loro immediata scarcerazione. Il resto del mondo continua a tacere.