Il cammello, l'ago e il mercatoA casa il governo, poi sosteniamo la patrimoniale di Modiano

  E bravo Pietro Modiano, che in un bell'articolo sul Corriere di oggi lancia la proposta di una patrimoniale una tantum, commentata in un editoriale di Linkiesta: il 20% più ricco degli italiani p...

E bravo Pietro Modiano, che in un bell’articolo sul Corriere di oggi lancia la proposta di una patrimoniale una tantum, commentata in un editoriale di Linkiesta: il 20% più ricco degli italiani paghi al fisco il 10% della propria ricchezza finanziaria, così abbattendo di un sesto il nostro debito pubblico (scenderebbe dal 120 al 100% del Pil). E risparmieremmo 30 miliardi di interessi all’anno, dice Modiano. Gli italiani che oggi dichiarano guadagni elevati, scrive, potranno recuperare parte della tassa nelle dichiarazioni future: ricordiamo che nel 2009 solo 75 mila dichiarazioni hanno superato i 200 mila euro. La proposta ne ricorda per certi aspetti una simile, fatta anni fa da Arnaldo Borghesi sul Sole 24 Ore e da me ripresa in un commento: caricare su beni voluttuari e di lusso aumenti di Iva, recuperabili a valere sulle dichiarazioni annuali superiori a determinati importi. In tal modo, il peso maggiore graverebbe su chi non dichiara redditi, o ne dichiara di risibili.

Non mi dilungo oltre sulla proposta, ben leggibile sul Corriere o sul sito di Linkiesta, e dico che mi pare interessante e condivisibile. Una critica “tecnica” potrebbe obiettare che è meglio una mini-tassa annuale che una maxi-tassa una tantum; ma la mini-tassa funzionerebbe solo per il primo anno, poi la ricchezza si squaglierebbe come neve al sole di primavera. Meglio allora andare alla soluzione una tantum. Si potrebbe anche obiettare la necessità di costruire un minimo di consenso, tempo nel quale le ricchezze da tassare, di nuovo, si squaglierebbero; per evitare questo rischio, tuttavia, basterebbe rifarsi, per determinare la base imponibile, ad una data recente, ma passata.

Non sta qui, però, il punto: il merito della proposta è eminentemente politico, ed è su questo piano che essa va giudicata. Oggi abbiamo una classe dirigente apparente, e appariscente, che fa torto al Paese, facendolo sembrare peggiore di quel che è. Essa vive in mezzo ai ricatti, attivi e passivi, entrambe paradossalmente propizi alla carriera: un soggetto ricattabile ottiene più facilmente di uno integro una posizione di rilievo. Alla bisogna, se volesse essere troppo indipendente, gli si potrà sempre ricordare quel suo piccolo problema. Questa nostra classe è paurosa, tartufesca, sempre in cerca di protezione e di favori, da chiedere e da fare, in cambio di quelli ottenuti. Se c’è una classe dirigente defilata, se non addirittura nascosta, e migliore, è questo il momento di farla emergere, e prendere il posto di quella che finora tiene campo. E la proposta di Modiano potrebbe essere il pretesto che la fa agglutinare.

Servirebbe però un governo credibile e affidabile: non uno che mette le mani nelle tasche degli italiani, ma solo di quelli meno ricchi, come sta facendo questo governo con una mini-patrimoniale regressiva, ben descritta da Luigi Spaventa su Repubblica. E abbiamo pure una Guardia di Finanza, possiamo aggiungere, che delinea un quadro pietoso- non sorprendente, certo, ma sempre pietoso- nelle ultime notizie giornalistiche, e in brani della testimonianza del ministro Tremonti sulle “cordate” di ufficiali aspiranti a posizioni di potere.

Solo un governo di coesione nazionale, lontano dalle pratiche deteriori dell’attuale, potrebbe assumersi l’impopolarità iniziale, e magari intestarsi il merito finale, della contribuzione straordinaria che Modiano propone: e magari cambiare anche la legge elettorale. Solo un simile governo potrebbe riscuotere la fiducia dei contribuenti, ingrediente essenziale di qualsiasi manovra di risanamento. I cittadini, infatti, non accettano sacrifici se non credono che anche gli altri li faranno, assumendosi la propria quota dello sforzo. Di qui la necessità di un governo credibile nel suo proponimento di ripartire il carico in proporzione alle forze- quindi a ricchezze e redditi- non alla facilità con la quale esse possono essere colpite.

C’è però, su tutto, la grande nube che si chiama Silvio Berlusconi. Come è “sceso” in politica per sottrarsi ai suoi guai giudiziari, così oggi non può andar via senza porre a rischio il suo patrimonio: si veda qui il post “Ok Corral, modesta proposta (per salvare la roba)”. Egli ha ragione di pensare che, come il suo successo politico ha gonfiato il valore di Mediaset, così la fallimentare fine della sua parabola potrebbe ulteriormente deprimere il suo valore di borsa, anche perché la qualità del prodotto sta comunque precipitando. Se questo ragionamento è fondato, Berlusconi è come lanciato su un’auto a 200 all’ora verso l’abisso. Non può più scendere, e ci tiene in ostaggio: sui sedili posteriori ci siamo noi. Sottoscrivo la proposta di Modiano, e invito altri a farlo con uscita pubblica di sostegno: è utile al Paese, ma presuppone un governo affidabile, non uno che mette norme ad aziendam di cui nessuno è padre, o uno che ci fa entrare in guerra, ma il premier dice che lui non voleva! Un’altra ragione per mandare a casa questo esecutivo.

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