Quale effetto avrà sui risparmi la riforma della tassazione del risparmio che si affaccia nuovamente sull’agenda del Governo ? Per discuterne, occorre mettere da parte i determinismi causa-effetto che mal si adattano alla complessità e all’interdipendenza dei mercati finanziari e alle distorsioni cognitive che caratterizzano i comportamenti dei soggetti che vi operano, tra i quali vi sono anche i risparmiatori. Ecco 11 riflessioni sullla bozza di delega per la riforma fiscale e assistenziale messa a punto dal Ministero dell’Economia (che è stata consegnata al Quirinale per l’autorizzazione alla presentazione e che nella migliore delle ipotesi comporterà variazioni a partire dal 2012) e sulla manovra di stabilizzazione approvata definitivamente dalla Camera il 15 luglio (è quella che riguarda il rincaro dell’imposta di bollo sui depositi titoli). L’aumento del bollo sul deposito titoli (contenuta nella conversione del DL 98 del 6 luglio in legge 111/2011 pubblicata in GU il 17 luglio 2011) dovrebbe decorrere dal 1° luglio 2011, sulla base di quanto contenuto nella relazione tecnica di accompagnamento. Ma se, come ha scritto Gianfranco Ursino su Plus24 del 23 luglio a pag. 8, dovesse prevalere l’interpretazione letterale dell’art. 23 comma 6 della manovra (in derorga allo statuto del contribuente, le disposizioni del presente articolo “si applicano dal periodo di imposta in corso”), il rincaro avbbe effetto retroattivo, ossia dal 1° gennaio 2011.
1) Se sarà confermato che l’aliquota 12,5% resterà solamente per i titoli di Stato e i buoni postali, è difficile immaginare che possa essere applicata un’aliquota superiore a tutti i titoli equiparati come i titoli di Stato degli altri Paesi dell’Unione europea e le obbligazioni di enti sovranazionali. Ciò per non introdurre discriminazioni difficilmente conciliabili con i principi comunitari (per altro fattispecie prevista dalla bozza di delega). Quindi il possibile effetto lesivo sui risparmi non riguarderà una fetta tutt’altro che trascurabile degli strumenti tipicamente utilizzati dai risparmiatori.
2) La maggior parte dei volumi trattati sui titoli di Stato italiani è dovuta a negoziazioni di soggetti istituzionali lordisti, quindi del tutto indifferenti a variazioni delle ritenute fiscali applicate ai privati. Ciò vale non solo per l’MTS, mercato all’ingrosso per definizione, ma in buona parte anche per il principale mercato al dettaglio, il MOT. Il controvalore medio per contratto dei titoli di Stato italiani scambiati sul MOT tra gennaio e maggio 2011 è stato di 62.592 euro, importo al di fuori della portata della gran parte dei risparmiatori e che quindi potrebbe segnalare una consistente presenza di operatori istituzionali. In ultima analisi: i prezzi dei BOT, dei CCT e dei BTP sono determinati dagli scambi di banche, fondi comuni, hedge funds e fondi pensione (tutti lordisti!), non dalle negoziazioni del signor Rossi.
3) Più possibile (ancorché non certo) è che il passaggio della ritenuta dal 12,5 al 20% abbia degli effetti sui prezzi dei bond bancari e in generale societari che la subiranno. Non è noto con precisione il peso che i risparmiatori hanno negli scambi di questi titoli, ma certamente è superiore a quello del trading dei titoli di Stato, dal momento che il controvalore medio per contratto dei bond bancari negoziati al MOT è di 15.878 euro. Come potrebbe agire l’eventuale aggiustamento? Prendiamo due titoli simili per cedola, solvibilità e durata, e mercato di quotazione (MOT): uno destinato (pare) a restare tassato al 12,5% e l’altro destinato (pare) a passare alla ritenuta del 20%. Il primo è il BTP scadenza 1 febbraio 2018, che ai prezzi di venerdì 1 luglio sconta un rendimento effettivo lordo del 4,36% lordo e 3,79% netto. Il secondo è l’Enel scadenza 12 giugno 2018, che offre un rendimento effettivo del 4,05% lordo e del 3,47% netto. Posto che, come detto, per il BTP il prezzo e il rendimento netto sono indifferenti al trattamento fiscale per i risparmiatori perché sono funzione delle decisioni dei lordisti, è chiaro che per mantenere quel 3,47% netto in presenza di un aumento della ritenuta, il prezzo dei bond Enel dovrà scendere. Ma siamo sicuri che questo dovrà accadere? No, perché l’andamento del prezzo del bond Enel sarà determinato anche da molti altri fattori, quali ad esempio la percezione di maggiore o minore solvibilità relativa del gruppo elettrico rispetto a quella dello Stato italiano. Senza dimenticare che anche tra i soggetti che negoziano i bond Enel vi sono istituzionali lordisti che nell’eventualità di una pressione al ribasso del prezzo del titolo in questione dovuta alla ricerca di un maggior rendimento lordo da parte dei risparmiatori nettisti potrebbero entrare in acquisto e riallineare quasi istantaneamente la quotazione alla situazione precedente.
Che il prezzo resti o no invariato, a parità di altre condizioni, quel che è certo (tenuto conto della precisazione al punto successivo) è che i flussi cedolari netti futuri di chi è già obbligazionista di un titolo soggetto all’aumento di ritenuta saranno inferiori. C’è da discutere se questa riduzione venga fatta scontare subito con un calo del prezzo del titolo oppure diluita sulle cedole maturate e incassate dall’entrata in vigore della riforma alla scadenza.