Blow-UpIl cabaret volante del Leisure Diving

L'estate, si sa, è il tempo della vacanza e della canicola. E allora, quando l'afa ci toglie il fiato, come si può rinunciare a una gita al mare e a un bel bagno rinfrescante? Oggi però questi sani...

L’estate, si sa, è il tempo della vacanza e della canicola. E allora, quando l’afa ci toglie il fiato, come si può rinunciare a una gita al mare e a un bel bagno rinfrescante? Oggi però questi sani momenti di relax si fanno sempre più rari e costosi; le poche occasioni feriali si trasformano puntualmente in giornate infernali dove tutti quelli che possono permetterselo si riversano a frotte sulle spiagge di qualsiasi costa balneare. I luoghi dedicati per tradizione al riposo, al tempo libero e al divertimento vacanziero sono diventat mega arene affollate, caotiche e deliranti. Pensate se invece, al posto della confusione snervante dei litorali, trovassimo dei giardini fioriti e profumati, l’ombra carezzevole degli alberi e dei cespugli, l’allegra compagnia di pochi amici intimi e una splendida piscina in cui tuffarsi quando il caldo uccide… quella sì che sarebbe una vera vacanza, rilassante e rigenerante al punto giusto, e per di più in un autentico paradiso artificiale.

A quanto pare questa piacevole alternativa, in questi ultimi tempi, è diventata la prima scelta di buona parte della gioventù americana la quale, tra un cocktail esotico e un barbecue succulento, ha pensato di animare le ore pomeridiane trascorse a prendere il sole nel giardino di casa con un nuovo, entusiasmante gioco di gruppo. L’hanno chiamato leisure diving, locuzione garbatamente chic in apparente contrasto con i riti di massa. Ma appena la notizia è circolata su Facebook, la febbre dell’emulazione è salita alle stelle.

Di cosa si tratta? Naturalmente parliamo di tuffi, di particolari versioni acrobatiche di tuffi, ma niente a che vedere con il mondiale di Shanghai: niente competizioni agonistiche, niente avvitamenti né posizioni carpiate o raggruppate, solo gioco, svago, scherzi sull’acqua, leisure style!

Tuttavia, a mio avviso, fra queste esibizioni privé e le gare dal trampolino olimpionico qualche analogia c’è. E non è cosa da poco. Entrambe infatti si manifestano sempre su due piani, su due ribalte sceniche: una reale, osservabile in diretta, e un’altra virtuale, riportata attraverso la fotografia.

In genere in tutte le discipline sportive “d’azione” la tecnica di ripresa scompone lo spostamento del corpo nello spazio in singole frazioni infinitesimali non evidenti dal vivo. Nella visione ottica della realtà la registrazione del movimento avviene in modo continuo, omogeneo, indivisibile; dura nel tempo e non si arresta se non per interrompere l’operazione percettiva. Se lo facesse, infatti, perderebbe tutta la sua qualità dinamica. Nell’immagine virtuale, invece, questi momenti sono staccati e isolati, unici e irripetibili: due scatti consecutivi infatti, come riuscirono a dimostrare gli esperimenti di Muybridge e di Marey, non sono mai esattamente uguali. Quando l’istantanea disseziona un gesto estremamente rapido come accade con lo sport non si può prevedere cosa apparirà alla fine. Pertanto, una inevitabile componente di casualità e di mistero è sempre innescata e pronta a spalancare le porte della percezione a esperienze visive inaspettate, decisamente più emozionanti di quelle che la partecipazione live può suscitare. Il carattere “stra-ordinario”, nel senso etimologico di “fuori dal comune”, posseduto dalla fotografia nello sport ritorna nelle immagini diffuse via internet del leisure diving, ma lo fa con dei gradi di intenzionalità e consapevolezza davvero decisivi.

Proviamo a spiegare. Mentre nell’azione sportiva l’atleta-perfomer è solo l’oggetto della rappresentazione guidata dal fotografo, nel gioco-tormentone dell’estate attuale è, al contrario, un soggetto del tutto attivo. Il suo obbiettivo principale è mettere in scena una posa plastica innaturale in perfetta sincronia con lo scatto della macchina. La prova del tuffo si ritiene compiuta e valutabile non a immersione avvenuta, ma solo quando appare nel documento visivo.

Il campione dello sport è ignaro del suo destino fotografico: si esibisce con naturalezza e spontaneità, per giungere a una meta, senza sapere di essere guardato; durante il gesto fisico non può osservare né controllare il suo corpo contrarsi e deformarsi fino all’estremo; per lui questa esperienza resterà sempre una scoperta imprevista. L’altro invece, il “campione” del tempo libero, sa di recitare una parte; sa di dover dirigere ogni suo singolo muscolo corporeo ogni sua singola espressione facciale al fine di contrastare l’evoluzione naturale dell’atto fisico e mimare la rappresentazione di qualcos’altro, di una finzione.
Deve riuscire a farsi fotografare a mezz’aria, mai al culmine dello slancio motorio, senza tensione, senza spasmi, senza concentrarsi sul tuffo in sé. Il suo volto non deve tramettere quel senso di fatica che si prova durante un esercizio sotto sforzo ma proprio il suo contrario: rilassatezza, comodità, tranquillità, spensieratezza, tutte sensazioni assurde per un atleta al lavoro.
Le foto “migliori”, a norma di regolamento (pubblicato sul sito ufficiale), considerano lo specchio d’acqua solo un sfondo scenico e lo sviluppo del movimento un dato irrilevante. Ciò che conta è soltanto quell’istante cruciale in cui l’obiettivo fotografico si fissa sull’attore, su quella specie di cabarettista del tuffo. Spiazzare, disorientare, invocare il potere persuasivo, illusionista, evocativo dell’immagine fotografica come se si trattasse dell’effetto di un trucco o di un fotomontaggio: questo è il leisure diving! Il corpo galleggia sospeso nello spazio come un astronauta in assenza di gravità, una forza misteriosa, contraria alle leggi della fisica, se ne è impadronita e lo ha teletrasportato dal luogo dove era intento a rilassarsi in un altra dimensione allucinante, onirica, irreale. Per fortuna che al “risveglio” ci sarà una bella doccia fredda ad aspettarlo.

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