GesellschaftIntervista a Pippo Civati su Rete e democrazia

Ad Albinea per discutere di Partito Democratico e non solo. Un campeggio per discutere di cambiamento. Quali sono i punti in agenda che dal 22 al 24 di luglio accompagneranno i vostri dibattiti? P...

Ad Albinea per discutere di Partito Democratico e non solo. Un campeggio per discutere di cambiamento. Quali sono i punti in agenda che dal 22 al 24 di luglio accompagneranno i vostri dibattiti?

Partecipazione, apertura, profilo di governo, lavoro e casa, giovani, informazione libera. Promuovendo l’incontro delle diverse sensibilità del centrosinistra, tra i diversi partiti e il mondo dei movimenti. Mancano solo Bersani, Di Pietro e Vendola, che avevamo invitato per lanciare la sfida della responsabilità all’interno del centrosinistra. Vedo invece che si prosegue con l’approccio abituale. E il voto sulle province e il dibattito sulla legge elettorale (ma non ci stavano lavorando da un anno?!) dimostra che la coalizione è ancora tutta da costruire, nonostante il messaggio degli elettori vada da sempre in una direzione precisa, come abbiamo potuto registrare anche in questa bella primavera.

Dal programma emerge una notevole attenzione ai temi della partecipazione e della deliberazione. Si va dal rapporto con i movimenti al dibattito sulle primarie per arrivare a discutere del ruolo dell’informazione. Tutto indica che l’attenzione sarà rivolta ai processi democratici che vengono dal basso. Sarà questo uno dei punti per rilanciare il Partito Democratico?

Dal basso, sì. Perché la politica non è solo dei partiti e nei partiti. E si deve avere l’umiltà per riconoscerlo, perché solo così i partiti possono vincere e governare. Dobbiamo ricordare al centrosinistra che l’unità si basa sul pluralismo, sul confronto e sulla responsabilità. Ci piacerebbe che si formasse una coalizione precisa, con un progetto definito e condiviso, un leader riconosciuto e votato attraverso le primarie (come i parlamentari!), un Parlamento che assomigliasse per qualità all’assemblea costituente e che le legislature guidate da noi durassero più dei tradizionali due anni…

Dal tuo prolifico blog, tra l’altro uno dei più letti in Italia, ogni giorno aggiorni lettori ed elettori del tuo operato e dai continue indicazioni sui temi dell’agenda politica Italia. Credi dunque nel ruolo della rete e delle sue funzioni di informazione e partecipazione attiva. Ma la rete può davvero diventare il valore aggiunto alla ormai tanto discussa crisi della democrazia che vive il nostro paese?

Sostengo da tempo la rete come strumento. E come filosofia. E come modo di guardare alla politica in modo diverso. E di pensarla, la politica, diversamente. Più orizzontale, meno gerarchica. Più umile, più diretta. Più semplice, e non per questo più banale. E poi più traparente: dalle cerchie di Bisignani a quelle di Google+, insomma… Perché la politica è fatta di contenuti e di capacità di relazione, proprio come la rete.

Negli ultimi mesi si è discusso molto della delibera Agcom che limita e addirittura censura la libera circolazione dei contenuti in rete. Quale la tua posizione in merito alla questione?

La rete è stata sotto attacco da parte del governo e non solo. Gli interessi sono forti, molto riconoscibili e vanno in una direzione ostinata e contraria all’informazione libera e alla sua fruizione indipendente. La strada deve essere diversa: nessun bavaglio e la possibilità di tutelare utenti e produttori di contenuti, senza porre gli uni contro gli altri. Un equilibrio è possibile e va cercato insieme, in un dibattito culturale e politico che non può che essere pubblico e partecipato, come stiamo cercando di fare. Sulla rete e non solo, anche con i grandi artisti italiani, ad esempio.

Per restare sul tema Rete e democrazia, il Partito Democratico appare un po’ reticente ad assurgere come punto nodale l’informatizzazione e i processi di sviluppo della cultura digitale. Temi come open-source o open-data sembrano quasi del tutto inesistenti nei programmi nazionali e locali del partito. E anche nelle amministrazioni governate dal PD non si vedono grossi contributi al dibattito tranne che in alcuni casi virtuosi. Qualcuno potrebbe pensare che il PD ha paura della rete e di concetti come trasparenza e condivisione. Mi liberi da questi dubbi?

La politica italiana è poco digitalizzata, non è un problema solo del Pd. Si ritengono a torto questi temi come temi marginali, di nicchia. Quando si parla di banda larga, sembra che ci si rivolga a chi sta in chat e non al sistema delle imprese. Più volte ho dovuto spiegare che il «popolo del web» non è composto da persone diverse dagli altri, come se si trattasse di una setta satanica…

Ci vediamo ad Albinea dunque?

«Chi non viene», abbiamo scritto, «si tiene quello che c’è». E invece a noi piacerebbe fare i conti con il cambiamento possibile. E con chi vuole cambiare, in questo Paese

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