■ Chi è Alessandro Gilioli?
Intervistato.com ha avuto il piacere di intervistare Alessandro Gilioli, giornalista e blogger noto come autore del blog “Piovono Rane” su L’Espresso.
Alessandro ci ha dato la sua opinione riguardo al conflitto bellico in Libia, una guerra in cui la prima vittima è la verità. Non si sa, infatti, quanto la rivolta sia genuina e popolare e quanto invece sia stata indotta da fuori nel nome di motivazioni economiche. Sembrerebbe chiaro, infatti, che in questo caso gli interventi non fossero dettati da puro spirito umanitario.
L’Italia, già caratterizzata da uno scarso prestigio internazionale, non è riuscita a riacquistare credibilità attraverso l’alleanza con i ribelli. Si pensi solo al baciamano di Berlusconi al dittatore libico Gheddafi e al trattato di alleanza stipulato nel 2008.
In Italia, invece, il quadro sembra quello di un governo tecnico di fatto, capeggiato da Berlusconi, in cui però le decisioni economiche vengono prese in maniera duale da Trichet e Sarkozy.
Non esiste una destra liberale, e non c’è un’opposizione identitariamente forte, con delle idee chiare e un’identità precisa.
Si è parlato molto dei 3 miliardi di euro regalati alla Chiesa Cattolica, ma la paura di inimicarsi la Chiesa e di perdere 2, 3 milioni di voti è stata tale da non permettere di procedere al taglio dei privilegi come ad esempio l’esenzione dal pagamento dell’ICI.
In questi anni è stato usato un lessico che dava un’idea di forte negatività legata al pagamento delle tasse, definito come “mettere le mani nelle tasche degli italiani”, quasi come se fosse un furto, quando in realtà si tratta di contribuire alla cassa comune, di fare un “contributo di solidarietà”, come viene definito ora.
L‘informazione in Italia non è capillare perché il 70% degli italiani si informa attraverso la televisione, ma anche se lo fosse, secondo Alessandro le persone non si rivolterebbero.
La rassegnazione, il male peggiore, rende incapaci di arrabbiarsi compostamente, ma fa procedere a fiammate di sdegno a cui non segue un attivismo concreto.
Per quel che riguarda i giornali, invece, si è parlato del finanziamento pubblico e di giornali online, nel caso dei quali il problema più grande è costituito dall‘assenza di un modello di business remunerativo, che riesca a mantenere alta la qualità, la reputazione e i click.
Ci sono contenuti, come ad esempio le notizie relative all’estero, che nonostante l’importanza che possono avere sono anche tra le meno lette.
In questo frangente Alessandro ha citato l’Internazionale come uno dei più belli, se non il più bel settimanale italiano.
Abbiamo inoltre avuto modo di discutere di possibili modelli distributivi per i giornali, tra cui Alessandro ha citato la formula mista attuata dal New York Times e il percorso dell’Espresso verso il digitale, in cui Vittorio Zambardino, Massimo Russo, Giuseppe Smorto e Mario Tedeschini Lalli hanno svolto un ruolo fondamentale, per quanto inizialmente ci fosse molta diffidenza nei confronti della rete e dei suoi strumenti.
Alessandro ha concluso con i suoi consigli a chi vuole intraprendere la carriera di “comunicatore professionista” (la parola “giornalista”, a suo avviso, appartiene al secolo passato), ricordando che le assunzioni dovranno necessariamente diventare più meritocratiche, visto il downsizing del settore.