Foto Michele Palazzi
Ci indigniamo, a giusta ragione, se a Mirafiori passa il sì, se minacciano di accorpare alla domenica Primo Maggio, 25 Aprile e 2 Giugno, di rivedere l’articolo 18, di mandarci più tardi in pensione, ma dimentichiamo che in Italia c’è già un esercito di lavoratori sottopagati, senza tutele, senza diritti, senza futuro.
E, dimentichiamo, anche quell’ esercito invisibile di lavoratori migranti trattati come schiavi che ogni anno, in estate, raccolgono pomodori a sud dell’Italia.
Dopo Rosarno si era detto mai più, ma nella campagna riarsa fuori Venosa, in Basilicata, per fare un esempio, e non a Nairobi, le baraccopoli sono casa per diverse centinaia di lavoratori migranti che, ogni anno ad Agosto, vengono dall’Africa e dall’Europa orientale, e raccolgono i pomodori che saranno poi lavorati dalle grandi aziende, per venduti in tutta Europa in barattoli, o paste, puree o passati, o utilizzati come ingredienti per altri prodotti alimentari.
Ed è un commercio lucroso ma basato sullo sfruttamento e sull’abuso: i lavoratori, alcuni dei quali clandestini, sono costretti a faticare fino a 14 ore al giorno in condizioni difficili, e con salari da fame, spesso sotto il controllo di una rete di caporali che li sfruttano anche per il trasporto, l’alloggio, il cibo e altri ‘servizi’.
E quelli che si ribellano devono affrontare la violenza e l’intimidazione.
A questo, si aggiunga che, spesso, vivono in uno squallore spaventoso: la casa è spesso un edificio abbandonato, senza servizi essenziali e senza qualsiasi forma di servizi igienico-sanitari.
Fino a trenta persone possono essere stipate in un unica, sporca, stanza e l’assistenza sanitaria è praticamente inesistente e il contatto con il mondo esterno minimo.
La maggior parte di loro cercano lavoro, al fine di inviare denaro ai parenti rimasti a casa, ma si trovano coinvolti in una brutale spirale di povertà e sfruttamento.
I sindacati stimano che, ogni anno, siano circa 50.000 i lavoratori migranti ad essere sfruttati, lavorando duramente nelle regioni agricole di Puglia, Basilicata e Campania, tra le altre.
Le loro condizioni sono così disperate che Medici Senza Frontiere (MSF), che di solito fornisce assistenza medica nelle zone di conflitto, negli ultimi anni ha inviato cliniche mobili per la cura degli immigrati in alcune aree e, ha pubblicato un rapporto graffiante, che descrive le esperienze dei lavoratori come “inferno”.
Al link un video di Michele Palazzi e Alessandro Penso: http://vimeo.com/18568297