Levarsi alle 5.30 di una domenica mattina, ne vale la pena se è per vedere l’Italia che per quaranta minuti tiene il passo dell’Australia nella sua prima partita al Mondiale di rugby neozelandese. 6-6 il primo tempo con i Wallabies, che probabilmente vinceranno il torneo (passate alla cassa dopo il 23 ottobre), 32-6 il conto finale. Chi solamente ha pensato per un attimo che si potesse portare a casa la partita, si vede che era ancora nel mondo dei sogni: il rugby è sport schietto, si fa con quel che si ha e gli australiani hanno molto più di noi e di alcune rivali accreditate e sono maturati di gran lunga. Lo scorso anno, di fronte ad una difesa solidamente decisa a non concedere centimetri come quella azzurra vista nella prima frazione, sarebbero andati in tilt, smarrendo per il campo il piano B: a Firenze, nel Test Match di novembre, andò infatti così.
La linea del Piave: “Gran difesa, provocherà certamente dolori a qualche squadra”, è stata la definizione del coach dell’Australia, Robbie Deans. Non chiamatela catenaccio non per evitare contaminazioni dal calcio, ma perché funziona diversamente. Con il catenaccio la squadra si pone a difesa della propria porta, lasciando un solo uomo oltre la linea del pallone, chiamato a fare da faro nel desolato mare che l’attacco.
Con la linea del Piave ci si attesta in trincea e si respinge al mittente il tentativo degli incursori di aggirare la linea. Si placca, rosicchiano centimetri e non concedendoli. Non si permette al nemico di infiltrarsi per dunque ripiegare e riposizionare il filo spinato più indietro. Occorrono coraggio, concentrazione, determinazione. Fiato e gambe. Durate quaranta minuti, prima che gli altri iniziassero a salire in cattedra e noi a cedere di fisico e di testa.
In attesa di capire poi come funzioni la parte offensiva contro Stati Uniti e Russia (domenica mattina se n’è vista poca), match da non prendere sotto gamba. I russi non sono ancora scesi in campo, lo fanno giovedì contro gli americani sconfitti 22-10 dagli irlandesi: per gli Azzurri arriva la chiamata alla vittoria e non sono abituati a giocarsela con avversari inferiori, gente con nulla da perdere che non gioca bene, ma nella confusione che provoca grattacapi. Che sia pure ugly, ma che sia vittoria – con i nostri che nel caso verranno impallinati dalle critiche degli stessi che “ok, però adesso basta con le sconfitte onorevoli”.