GesellschaftUn mezzo sciopero generale

Lo so, è un titolo capace di attirarsi le ire di tutti i sostenitori dello sciopero generale di stamattina. Ma forse è meglio dirselo chiaramente: lo sciopero indetto da CGIL, FIOM e USB, e sostenu...

Lo so, è un titolo capace di attirarsi le ire di tutti i sostenitori dello sciopero generale di stamattina. Ma forse è meglio dirselo chiaramente: lo sciopero indetto da CGIL, FIOM e USB, e sostenuto da diversi partiti del centrosinistra, è stato un mezzo successo, o se vogliamo un mezzo fallimento.
Al di là del balletto di cifre, sport mediatico nazionale, la rappresentazione mediatica che ne è venuta fuori in questa giornata è poco più che deludente. E non parlo solo della ormai inafferabile unità sindacale (sulla questione vi consiglio di leggere il post di Peppino Caldarola qui) e della pretestuosa polemica venuta fuori tra la Camusso e il Corriere. No, lo sciopero generale di stamattina è la dimostrazione empirica che gli apparati sindacali – con a capo la CGIL – hanno bisogno di una revisione nella pratiche di gestione del conflitto sociale.
Le piazze occupate, le bandiere al vento, le arringhe dal palco dei vertici sindacali nazionali e locali, le interviste rilasciate dai leader e i segretari di partito sono poco più di una spettacolarizzazione del conflitto.
La crisi che investe il nostro paese è soprattutto crisi sociale, e il rapporto che intercorre tra le parti va rivisto in una chiave che tenga conto della “grande trasformazione” economica tuttora in corso e dell’esigenza di creare “soggetti sociali” capaci di comprendere in pieno i nuovi rapporti che intercorrono tra capitale e lavoro e di creare forme di opposizione e protesta adeguate al cambiamento (su questo punto si veda André Gorz, Metamorfosi del lavoro. Critica della ragione economica.)
In questo contesto, concetti come fiducia, civismo e partecipazione perdono costantemente valore e la crisi di rappresentatività che investe i sindacati (ma anche e soprattutto i partiti) è solo l’elemento più evidente di una frammentazione dei rapporti sociali e tra le parti. E se si continua così le cose di certo non miglioreranno.

Uno sciopero generale che si traduce in un atto di “indignazione” contro una manovra valutata come iniqua e confusa è più che giusto. Uno sciopero generale che blocchi l’art. 8 del DDL va sostenuto con forza.
Ma se non si creano le condizioni culturali per affrontare il cambiamento (e la crisi) economico e sociale del nostro paese esiste il rischio concreto che esso si riduca ad un mero rito collettivo, tacciato come inutile, dannoso e dimenticato in poche ore.
E’ infatti notizia di poche ore fa che alle 18:00 ci sarà un Consiglio dei Ministri per autorizzare la fiducia sulla manovra.
Mutatis Mutandis

p.s. chi scrive ha aderito in pieno allo sciopero di oggi ed è critico verso le proposte di manovra finanziaria del governo.

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