Inizia oggi, con il voto all’estero, una nuova fase politica in Tunisia dove domani, 23 ottobre, i cittadini nordafricani saranno chiamati ad eleggere i membri dell’Assemblea Costituente. Dopo un ventennio di dittatura di Ben Alì, che instaurò un regime anche grazie all’aiuto degli italiani (http://www.repubblica.it/online/fatti/afri/nigro/nigro.html), saranno presenti oltre 11mila candidati e un centinaio di partiti a contendersi i 218 seggi. “Enti essout” – tu sei la voce– è la colonna sonora delle elezioni, che immortala la straordinaria occasione di cambiamento per il Paese che ha dato ufficialmente il via alla primavera araba.
Dieci mesi fa iniziavano i primi malcontenti della popolazione, che non riusciva a sopportare più il carovita, l’aumento della disoccupazione e della corruzione; poi l’immolazione per la patria di Mohamed Bouazizi, un giovane commerciante che si diede fuoco per protestare contro il sequestro delle merci da parte dell’autorità, e che diede il via alla “rivoluzione dei gelsomini”. E’ storia recente poi il propagandarsi della rivoluzione in altre zone del Mediterraneo, culminate nella cacciata di Moubarak dall’Egitto e nella scomparsa di Gheddafi pochi giorni fa.
Ma adesso con l’inizio di questa nuova stagione politica, non vengono meno le difficoltà, ma anzi bisogna moltiplicare gli sforzi per vigilare sui diritti e doveri dei cittadini, per l’affermazione della posizione del singolo e delle formazioni sociali, nell’ambito dell’ordinamento giuridico. Non basta proclamare una democrazia per avere di colpo a disposizione le libertà fondamentali. A nulla serve dichiarare l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, se poi nella sostanza vengono riservati trattamenti diversi; così come a nulla serve sancire la libertà d’espressione se di fatto vengono posti una moltitudine di limiti(oltre al buon costume e alla privacy, per esempio) che ne limitano il concreto adempimento.
Adesso più che mai, è necessario che il popolo sia sovrano non solo ogni 4-5 anni al momento delle elezioni, ma che costituisca un controllo permanente sui soggetti che saranno chiamati a governare, in modo che quest’ultimi possano tenere conto della volontà popolare nel processo di formulazione delle scelte politiche, economiche e sociali da adottare.