Foto Ferdinando Kaiser
La più grande inchiesta sul traffico di rifiuti tossici tra Nord e Sud non avrà sentenza, non ci saranno “sistemi” da svelare, non ci saranno responsabilità di nessuno.
Nessuno si preoccuperà di dire ai familiari di tutti quelli che sono morti di tumore perché avvelenati dall’acqua, dalle diossine, dai roghi tossici, dalla vicinanza a discariche abusive di rifiuti speciali, che i loro parenti, amici, uomini e donne, sono morti per “fatalità”, perché nessuno risponderà per quei veleni.
Antonio Musella, Rete Commons
Novantacinque imputati prescritti, questo il bilancio finale dell’inchiesta “Cassiopea”, della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che nel 2003, svelò il più grande traffico di rifiuti tra nord e sud Italia.
Assai più di un milione di tonnellate di rifiuti tossici, tra il 1999 e il 2000, sono arrivati in Campania; almeno quaranta tir, ogni settimana, carichi di ogni tipo di veleni, partivano da Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, diretti al Sud, e venivano seppelliti nelle campagne del Casertano, e in parte anche in quelle del Napoletano.
Sei milioni le persone avvelenate.
E’ finita, senza colpevoli, la nostra Gomorra, nonostante, da anni, si lanciassero allarmi proprio sul rischio della prescrizione.
E’ finita seppellita, come la speranza di una vita normale per le migliaia di persone, che vivono accanto a questi depositi o mangiano la frutta e la verdura, nata sui campi «concimati» dalle melme acide e dai solventi industriali.
E’ finita, per la nostra terra, la speranza di una “bonifica“.
Ma non finirà mai la rabbia e, soprattutto, continueremo a batterci perché il “delitto ambientale” venga inserito nel nostro sistema giuridico, visto che lo si continua a considerare ancora “reato minore” e banale contravvenzione.