Una firma di tutto riposoQuanto costa l’incertezza politica?

I tempi sono difficili. Evidentemente nessuno sa quando la crisi economica e finanziaria lascerà spazio a tempi migliori. L’incertezza sul futuro economico induce la singola impresa a posticipar...

I tempi sono difficili. Evidentemente nessuno sa quando la crisi economica e finanziaria lascerà spazio a tempi migliori. L’incertezza sul futuro economico induce la singola impresa a posticipare scelte di medio-lungo termine, come ad esempio un investimento. Se tutte le imprese agiscono in questo modo, la possibilità di una ripresa si allontana.

Misurare l’incertezza politica. Secondo un recente articolo di Baker, Bloom e Davis recentemente apparso sul blog voxeu.org, una delle caratteristiche peculiari della fase attuale è che una parte importante dell’incertezza economica totale sia dovuta all’incertezza sulle politiche economiche, cioè sulle scelte prese da politici e banchieri centrali. Come viene misurata questa incertezza politica? L’idea consiste nel contare giorno per giorno il numero di articoli su Google News in cui compaiono congiuntamente termini legati alla sfera dell’economia (“economic” ed “economy”), alla sfera della politica (fiscale e monetaria) e al concetto stesso di incertezza (“uncertain” e “uncertainty”). Questo numero grezzo viene poi diviso per il numero giornaliero di articoli in cui compare la parola “oggi”, per tenere conto del fatto che il numero di pubblicazioni catalogate da Google News è cresciuto esponenzialmente nel tempo. L’indice globale di incertezza politica costruito dai tre autori si basa per metà su questo indicatore di rilevanza mediatica, e per la parte restante sul numero di leggi tributarie USA che ogni anno vanno in scadenza, e sulla variabilità nelle stime sull’andamento futuro dei prezzi e della spesa pubblica, sempre negli USA.

Ebbene. Come si può verificare dalla figura 1 nell’articolo su voxeu, l’indice dell’incertezza politica è cresciuto in maniera vertiginosa a partire dagli anni 2000, ed i suoi picchi coincidono con momenti salienti come l’11 settembre, la seconda guerra in Iraq, il fallimento di Lehman Brothers e lo stallo nel Congresso USA a proposito dei limiti sul debito pubblico.

Incertezza politica e conseguenze economiche. Attraverso una metodologia statistica chiamata VAR (quella per cui Chris Sims ha appena vinto il premio Nobel per l’Economia) Baker, Bloom e Davis mostrano come un aumento dell’incertezza politica anticipi sistematicamente una diminuzione della produzione industriale e dell’occupazione. In assenza di un esperimento, è difficile parlare di un rapporto di causa-effetto, ma questa correlazione è importante e lascia di che pensare. Anche in termini quantitativi: secondo i calcoli dei tre autori, se si ritornasse ai livelli di incertezza politica del 2006 la produzione industriale USA sarebbe più alta di 4 punti percentuali, ed in 18 mesi si creerebbero 2 milioni e mezzo di posti di lavoro.

Che dire di noi? È forse inutile ripeterlo, ma l’incertezza politica potrebbe avere costi anche al di fuori degli USA, per esempio dalle nostre parti. In un recente articolo apparso su lavoce.info, analizzo in che misura la differenza tra lo spread sui BT italiani e sui titoli di stato spagnoli (sempre rispetto ai bund tedeschi) sia correlata con le notizie politicamente rilevanti apparse sulla stampa italiana e spagnola durante questa (faticosa) estate: un aumento del numero di notizie sulla manovra finanziaria apparse sul Corriere della Sera si associa sistematicamente ad un aumento della differenza degli spread, a danno dell’Italia. Se si vanno a leggere gli articoli, i picchi nella copertura di questo tema tipicamente corrispondono a fasi di rallentamento e tentennamento nella definizione e nell’approvazione della manovra finanziaria stessa.

E se l’incertezza politica diminuisce? L’analisi mostra anche come la differenza tra gli spread diminuisca significativamente (a vantaggio dell’Italia) quando il giorno precedente il Corriere pubblica più articoli in cui compare la parola “intercettazioni”. Nulla si dimostra con questi semplici dati ed analisi, ma i risultati sono coerenti con l’ipotesi che i mercati apprezzino maggiormente i titoli di stato italiani quando si prospetta un’uscita di scena (anche su base giudiziaria) dell’attuale presidente del consiglio.

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