Questo solitamente non è un blog che parla di cose di casa. Si occupa più che altro di guerre e conflitti lontani. Ma stavolta qualcuno ha voluto portarci la guerra proprio fin sotto la porta di casa, e chi dagli spalti della Fortezza Bastiani ha visto per davvero arrivare i Tartari, armati di caschi, randelli e tanto odio, non può tacere.
Non può se non altro perché tacendo gli unici a parlare sarebbero i revisionisti di mestiere e i dietrologisti d’accatto. Gli stessi che, sulle macerie ancora roventi di una città devastata, adesso si affrettano a cercare un nuovo colpevole per le devastazioni, da sostituire a quello originale.
Nell’era del web e dell’informazione globale a portata di clic non si può più nascondere l’evidenza. Impossibile negare l’esistenza dei violenti, né asserire che fossero pochi e disorganizzati. In queste ore, infatti, la rete è un rigurgito continuo di filmati e fotografie che li ritraggono in tutta la loro fredda e spietata preparazione. Impensabile anche nascondere sotto il tappeto le tracce pesanti del loro passaggio: strade devastate, banche e negozi presi d’assalto, chiese profanate, cassonetti, automobili e persino abitazioni date alle fiamme. Il web non si può fermare, zittire, oscurare. Nemmeno per compiacere la più becera faziosità.
E allora ciò che resta ai negazionisti senza se e senza ma è solo la manipolazione. A qualsiasi livello. Da chi definisce i violenti “fascisti” o “ultras”, quasi quella di sabato fosse stata la marcia su Roma o un derby, a chi sfodera le teorie del complotto. Come chi sostiene che gli incappucciati non fossero Black Bloc, ma agenti di polizia “infiltrati” tra i manifestanti con il preciso scopo di far scattare la scintilla dei disordini e fomentare una piazza altrimenti pacifica.
Chi alla marcia è arrivato con intenzioni pacifiche, ed erano tantissimi, le ha mantenute con fermezza dall’inizio alla fine. Anche a costo della propria incolumità. Anzi, è stato proprio a causa delle loro pacifiche intenzioni che tanti manifestanti sono diventati essi stessi vittime innocenti dei facinorosi. Ed è stato solo grazie all’incredibile professionalità e sangue freddo dimostrata dagli agenti schierati sul campo se in mezzo a quell’inferno non è “scappato il morto”, nonostante le premesse e le intenzioni da parte dei violenti ci fossero tutte.
Eppure nonostante le prove, nonostante le immagini, nonostante le innumerevoli testimonianze, continuano a rincorrersi voci circa la presenza di agenti in borghese travestiti da manifestanti, o di presunte mazzette passate di mano in mano dai celerini ai “finti” Black Bloc, che sarebbero stati dunque prezzolati dalla polizia per creare sfacelo e giustificarne le cariche. Voci che, ovviamente, nessuno può confermare, se non adducendo conoscenze con “amici di amici” che avrebbero visto tutto, ma che alla prova dei fatti non esistono mai. Voci che rasentano e oltrepassano ogni limite del credibile, e ciononostante si vorrebbero più autorevoli della realtà dei fatti. Voci che rimbalzano di bocca in bocca e di blog in blog con tutta l’effimera rapidità di cui i rumors sono capaci. Tutto ciò non è soltanto assurdo, è prima di tutto vergognoso.
Noi c’eravamo. Abbiamo visto, abbiamo sentito. Abbiamo documentato con video e immagini. Abbiamo scritto e raccontato. Ciononostante abbiamo anche dovuto subire le intimidazioni violente di chi, sul campo, non voleva che facessimo il nostro mestiere, fotografando e riprendendo quei giovani a volto coperto che facevano scempio di Roma armati di mazze e bastoni. E, dopo, abbiamo anche dovuto sorbirci le accuse vergognose di chi ci additava come servi del potere solo perché riportavamo una realtà dei fatti diversa da quella storiella fantasiosa che forse avrebbero voluto sentirsi raccontare. Non pretendiamo medaglie ed encomi, che di certo non meritiamo, specie dal momento in cui nemmeno chi fra le forze dell’ordine ha rischiato la vita per difenderci probabilmente le riceverà. Siamo soltanto stanchi dei cattivi maestri che non ci risparmiano mai una lezione su come esista una violenza deprecabile, quella dello Stato, ed una giustificabile, se non addirittura santificabile, quella dei violenti nelle piazze, proprio come saggiamente ha scritto stamani nel suo blog Peppino Caldarola. Siamo infastiditi da chi fa della menzogna un modus vivendi, se non addirittura una professione a titolo gratuito. E scusate se è poco.
Le teorie del complotto non sono certo un’invenzione di questi giorni. Sono sempre esistite, e sopravvivono e prosperano perché soddisfano chiunque sia troppo superficiale per voler comprendere la semplice verità. Talvolta, se non sono giustificabili, sono tuttavia comprensibili perché rappresentano una sorta di regressum ad uterum nel quale una parte dell’opinione pubblica preferisce trincerarsi per fuggire alla paura di una realtà mille volte più terrificante della più orrorifica delle fantasie. Come nel caso dell’11 settembre, dove un “cattivone” del governo, per quanto cattivo, fa di certo molta meno paura di un nemico lontano e sconosciuto in grado di far tremare con pochi uomini e ancor meno mezzi la più grande delle potenze occidentali. Ma questa volta non c’è spazio per i complottisti, per un complottismo giustificazionista che va a caccia di fantasmi. Questa volta complottismo significa complicità. O, nella migliore delle ipotesi, troppa malafede per accettare la verità pura e semplice.
IL REPORTAGE DEGLI SCONTRI DI SABATO