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Il movimento non è contro la crisi (che non significa niente). E’ contro il capitalismo, contro lo sfruttamento, la competizione, il dogma del profitto e della crescita.
La crisi non è che uno degli effetti della follia del capitalismo finanziario, e può essere l’occasione per consegnare il capitalismo alla storia. Non è l’emergenza della crisi a distruggere la nostra vita, ma la normalità del capitalismo che sfrutta, uccide, inquina. La crisi non è che il momento più violento della normalità capitalista, ed è anche il momento nel quale la società può rompere la catena politica, sociale e culturale che la incatena.
Franco Berardi “Bifo”, I DRAGHI E LA CRISI
Quando, settimane fa, ho deciso di partecipare alla manifestazione degli Indignati, ammetto che avevo la piena consapevolezza di come sarebbe finita la giornata: ormai, sono anni che si assiste allo stesso, stanco, copione.
Il giorno seguente: titoloni, molto spesso deliranti, sulla stampa; bilancio dei feriti tra manifestanti e forze dell’ordine e dei danni; balletto delle dichiarazioni (con la new entry di Draghi che solidarizza con gli Indignati); teatrino dei talk show con gli opinionisti del nulla (insuperabile la Santanchè che evoca lo spettro dei bvigatisti); strumentalizzazioni varie, da parte di chi dovrebbe avere soltanto la decenza di farsi da parte, e, per finire, la solita invocazione di misure repressive.
Non so quanti eravamo, in piazza, a Roma, sicuramente tantissimi.
Inarrestabile, la fiumana di gente pacifica (chissà ancora per quanto!) ma intenzionata a dare un segnale forte.
Poi, c’erano gli indignati, che, forse, hanno ceduto alla violenza perché ormai, alla luce dei fatti, con i politici arroccati nei palazzi, un paese sull’orlo del fallimento, e il futuro che non c’è, pensano davvero di non avere più nulla da perdere.
Quelli, “infiltrati” dai Servizi, com’è buona prassi dai tempi di Cossiga.
E, infine, quelli che hanno voluto provare “il brivido del sanpietrino e delle vetrine spaccate, e a cui è stata “volutamente” lasciata mano libera, giusto per far fallire miseramente la giornata di protesta e spostare l’attenzione, dai motivi per cui era stata organizzata.
Alla luce di tutto questo, mi sono convinta che le manifestazioni, così intese, abbiano fatto il loro tempo.
A questo punto, o si occupano le piazze italiane per giorni, per mesi, per anni, finchè la situazione non cambia, oppure è tutto inutile.
O, si organizza una strategia precisa di “resistenza” alla Dittatura Finanziaria, e si imbocca la via della Decrescita oppure è meglio starsene a casa.
Ma, evidentemente, anche se manca poco alla Grecia, i tempi ancora non sono maturi.
Dimenticavo: qualcuno spieghi al governo che se continua a tagliare i fondi alle forze dell’ordine, alla prossima manifestazione, le camionette a San Giovanni non avranno neanche la benzina per arrivarci e, magari, ricordi pure a Maroni, che è il leader del suo partito ad evocare, ad intervalli regolari, lo spettro dell’insurrezione armata.