L’appello lanciato da Giuliano Melani per l’acquisto dei titoli del debito pubblico da parte degli italiani, in Veneto è diventato una vera e propria campagna. Trascinati dal Corriere del Veneto, che oggi pubblica un editoriale di Dario Di Vico, e dal quotidiano on line ilnordest.eu che ha redatto un vero e proprio manifesto, imprenditori e associazioni di categoria fanno gara di patriottismo e dichiarano ampia disponibilità a sottoscrivere i Btp emessi dallo Stato.
La cosa sorprendente è la piattezza con cui un intero sistema si lascia dettare l’agenda dall’appello fatto su un giornale. Come ha giustamente sottolineato Luca Ricolfi nel suo ultimo lavoro “La Repubblica delle Tasse” (Rizzoli 2011), da molti anni gli industriali italiani hanno inspiegabilmente rinunciato a chiedere la riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro, unica condizione per far ripartire l’Italia. In questi anni, hanno ripetuto fino all’ossessione la necessità di riforme e tagli alla spesa pubblica. Ora, con l’adesione acritica all’appello di Melani, il sistema produttivo veneto, arretra ancora.
La benedizione di Bepi Covre già sindaco di Oderzo e parlamentare della Lega e dal presidente della Regione, Luca Zaia, anche lui leghista, spengono al momento le flebili voci critiche sull’iniziativa. Massimo Carraro del gruppo Morellato ha posto l’accento sul punto cruciale della questione: «le aziende devono impiegare tutte le loro risorse per ovviare al credit crunch bancario», non in operazioni finanziarie. Sulle quali nutre dubbi anche Marina Salomon, visto che «i depositi sui conti correnti on line rendono fino al 4,25% in 12 mesi». Ma questi ultimi hanno perfettamente ragione: le risorse economiche servono a finanziare le aziende a farle sviluppare e a creare posti di lavoro, possibilmente di qualità. Lo Stato e la politica facciano la loro parte tagliando la spesa pubblica improduttiva che genera una burocrazia poco distante dal livello borbonico e brucia le risorse per la crescita e per chi ne ha davvero bisogno.
A proposito di stato sociale, l’appello sui Btp ha messo in secondo piano l’avvio, da Treviso, di un innovativo modello territoriale di sostegno del reddito da parte delle imprese verso i loro dipendenti. Si chiama welfare aziendale e consentirà ai dipendenti anche delle piccole e medie imprese di integrare il proprio stipendio con beni e servizi il cui valore è superiore rispetto al loro controvalore in denaro. Verrà gestito direttamente da Unindustria Treviso con convenzioni con i fornitori di generi alimentari, testi scolastici, trasporti, impianti sportivi, previdenza. Il primo accordo è già pronto e riguarda il comparto dei calzaturieri. Ne seguiranno altri nei prossimi 12 mesi.
Su queste buone pratiche e con una ferma richiesta del rispetto del ruolo dello Stato la classe imprenditoriale può marcare oggi la differenza da una classe politica delegittimata, non certo attraverso un male interpretato patriottismo.
Signor Rossi